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"Taglio accise benzina costerebbe 1,5 mld"

11 settembre 2018 | 13.53
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(FOTOGRAMMA/IPA)
(FOTOGRAMMA/IPA)

"Il taglio delle sette 'accise anacronistiche' sulla benzina promesso da Matteo Salvini in campagna elettorale costerebbe circa un miliardo e mezzo di euro". A sostenerlo è Staffetta Quotidiana, sottolineando che oggi la proposta sarà all'esame del vertice leghista chiamato a individuare le misure da inserire nella prossima legge di Bilancio.

Le sette 'accise anacronistiche' sulla benzina che il leader della Lega prometteva di togliere alla vigilia delle elezioni, scrive ancora Staffetta, ammontano complessivamente a 11,3 centesimi al litro. "Ogni centesimo di accisa sulla benzina - rileva- vale, a spanne, circa 100 milioni di euro l'anno di gettito, mentre ogni centesimo sul diesel vale circa 250 mln di euro. Il taglio sulla sola benzina costerebbe dunque circa 1,2 miliardi di euro l'anno, cui sarebbero da aggiungere circa 250 milioni di Iva, per un totale di oltre 1,4 miliardi".

Tagliare le accise, insomma, sottolinea Staffetta Quotidiana, "è possibile, ma costa. L'ultima riduzione risale al primo gennaio del 2015 quando il Governo Renzi lasciò scadere l'aumento introdotto un anno prima dal Governo Letta, ma in quel caso si trattava di appena 0,24 centesimi al litro sia per la benzina che per il gasolio".

Quanto ai tagli veri e propri, rileva Staffetta Quotidiana, "negli ultimi venti anni ce ne sono stati due, a fronte di sedici aumenti. La prima riduzione fu attuata il primo novembre 1999, per un importo di 25 lire al litro fino al 29 febbraio 2000. La seconda volta, dal 20 marzo al primo maggio 2008, arrivò una riduzione di 2 centesimi al litro. In entrambi i casi si trattava di una 'sterilizzazione dell'Iva', e cioè di una riduzione dell'accisa finanziata con il surplus del gettito Iva determinato dall'aumento dei prezzi dei carburanti. E in entrambi i casi c'erano Pierluigi Bersani al ministero dello Sviluppo economico e Vincenzo Visco al ministero delle Finanze, mentre al Tesoro c'era Giuliano Amato nel 1999-2000 e Tommaso Padoa Schioppa nel 2008".

L'ultima riduzione, quella del 2008, rileva, "fu attuata in condizioni piuttosto diverse rispetto a quelle attuali. Nell'arco del 2007 il petrolio passò da poco più di 50 dollari al barile a quasi 100, per poi continuare la corsa nel 2008 fino al record di oltre 145 dollari, subito prima della grande crisi finanziaria che lo riportò in pochi mesi a 32 dollari. Insomma, si era in un periodo in cui gli introiti dello Stato potevano beneficiare dell'aumento dei prezzi e grazie al conseguente aumento del gettito Iva".

Staffetta rileva che "esiste anche una scorciatoia per il taglio, a legislazione vigente. E' infatti ancora in vigore la norma che prevede la sterilizzazione dell'Iva in caso di aumento del prezzo del petrolio. Si tratta del comma 291 della Finanziaria 2008 (legge 244/2007), che stabilisce che scatti una riduzione dell'accisa (con decreto del ministero dell'Economia) se il prezzo medio del Brent nel trimestre aumenta di oltre il 2% rispetto al valore indicato nel Def. Nel secondo trimestre 2018 il prezzo medio del greggio è stato pari a quasi 75 dollari al barile (circa 65 euro). Nel Def il Brent è dato a 65 dollari come media del 2018. Una differenza di circa il 15%. Le condizioni per un taglio ci sarebbero, dunque, e basterebbe un decreto del ministero dell'Economia".

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