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Mario Lupo: "Cruciale ruolo Stato imprenditore, negarlo errore ideologico"

24 luglio 2020 | 11.02
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Il manager di lungo corso in un'intervista all'Adnkronos non nasconde la propria "incredulità" per la levata di scudi arrivata da attori della vita economica e da chi agita lo spauracchio del ritorno dei carrozzoni e dello Stato padrone assistenzialista con i suoi boiardi: una posizione "ideologica, 'passatista' e non corretta"

Mario Lupo:

Niente paura dello Stato imprenditore. E' un errore sostenere che il pubblico non possa essere anche svolgere il ruolo di impresa che crea ricchezza e promuove lo sviluppo e che debba limitarsi soltanto a un ruolo da regolatore. Ed è, soprattutto, in un momento come quello attuale, che la sua azione è fondamentale per reagire all'attuale stallo dell'iniziativa privata mettendo in campo investimenti pubblici per rilanciare l'economia. Ne è convinto Mario Lupo, top manager di lungo corso nelle più grande aziende italiane, pubbliche e private, che nell'acceso dibattito sul ruolo dello Stato imprenditore, riproposto con forza dall'impatto della pandemia del coronavirus ma anche dall'intervento pubblico in complessi dossier da Autostrade ad Alitalia ed Ilva. E Lupo non nasconde la propria "incredulità" per la levata di scudi arrivata da attori della vita economica, come Confindustria, e da chi agita lo spauracchio del ritorno dei carrozzoni e dello Stato padrone assistenzialista con i suoi boiardi.

Una posizione, questa, "ideologica, 'passatista' e non corretta", commenta Lupo, che, tra i numerosi incarichi della sua lunga carriera, è stato ad di Montedison, presidente di Standa, Finsider, Ilva e Federacciai e presidente della Fondazione Luigi Einaudi. "E’ giusto - argomenta in un'intervista all'Adnkronos - affermare che, per quanto concerne il mercato, il ruolo fondamentale dello Stato sia quello di dettarne le regole essenziali affinché questo importante momento di incontro della domanda e dell’offerta degli operatori economici possa esistere e funzionare. E’ invece un errore sostenere - evidenzia Lupo - che allo Stato non sia consentito giocare, in quel campo da gioco, un ruolo di attore".

Soprattutto in momenti di crisi dell’economia e di grave incertezza sulla sua ripresa, "è giocoforza che gli Stati suppliscano allo stallo dell’iniziativa privata con investimenti - non solo nelle infrastrutture, materiali e immateriali, nella scuola e nella ricerca, ma anche nelle attività d’impresa, come infatti sta avvenendo un po’ ovunque nel mondo, sicché sollecitare l’intervento dello Stato Imprenditore sembra francamente un’ovvietà".

Lupo ricorda la storia dell'Iri, nato nel 1933 e poi smantellato negli anni '90 quando molte delle sue controllate vennero trasferite a imprenditori privati, ma, sottolinea, "un rilevante numero di imprese italiane, nelle quali lo Stato è tuttora l’azionista di controllo, esistono ancora oggi, operano con successo e conferiscono alla nostra economia i caratteri di un’economia mista pubblico-privata", spiega Lupo. E di questa lunga stagione di storia economica italiana, Lupo traccia "un bilancio decisamente positivo". Perché, spiega, "lo Stato (investitore e imprenditore) ha contribuito in misura decisiva all’ammodernamento e allo sviluppo del nostro paese dotandolo di grandi reti infrastrutturali e dei necessari presidi in settori strategici come la siderurgia e le telecomunicazioni e ha, inoltre creato in Italia di un sistema di grandi imprese essenziali, nella competizione globale fra sistemi-paese e che in questa competizione si fanno e ci fanno onore". E l'elenco è lungo e Lupo ne cita le principali: "Enel, Fs, Poste Italiane, Fincantieri, Leonardo e loro controllate e, tra le eccellenze, c'era anche Autostrade, con la sua rete autostradale di di 3.000 Km, e la Finsider Ilva.

Oggi eccellenti imprese a prevalente capitale pubblico "fanno tutte e giustamente parte del sistema associativo di Confindustria e ne sostengono robustamente il bilancio, onde ho letto con incredulità le dichiarazioni del neo Presidente di detta Confederazione che giudicavano disdicevole e da avversare il rilancio del ruolo dello Stato Imprenditore nella nostra economia per far fronte alla crisi in atto. Non ho esitato e non esito a dire che quelle dichiarazioni mi sono sembrate indecenti", afferma Lupo.

Il bilancio, però, ha "anche poste negative, costituite dalle tante, forse troppe volte nelle quali l’intervento dello Stato Imprenditore avvenne senza la legittimazione della supplenza ad una imprenditoria privata carente di iniziativa in settori chiave dell’economia nazionale (viene immancabilmente citato, a tal proposito il caso, certamente deplorevole, nel quale l’intervento pubblico riguardò la produzione e la commercializzazione dei panettoni) oppure si propose per tenere artificialmente in vita imprese decotte, che avrebbero meritato rassegnata sepoltura". Ma, alla fine, il saldo è "nettamente positivo".

Ora per ripartire, "ribadisco che oltre agli investimenti in attività d’impresa, lo Stato deve investire in infrastrutture materiali e immateriali, delle quali abbiamo carenze quantitative (ne occorrono di nuove, oggi mancanti) e qualitative (molte delle infrastrutture oggi esistenti sono obsolete e insicure), che incidono sulla qualità della vita e la sicurezza dei cittadini, sull’efficienza del nostro sistema produttivo, poiché queste carenze gravano le imprese di diseconomie esterne, e sull’attrattività del nostro territorio ai fini deli investimenti nazionali ed esteri".

E alle fine Lupo si concede una chiosa "con una personale civetteria della quale chiedo perdono ai venticinque lettori di manzoniana memoria. Il dibattito pubblico oggi in corso sullo Stato Imprenditore è stato inaugurato sulla stampa da un mio articolo pubblicato da Il Sole- 24 Ore del 30 Aprile. Quell’articolo ha avuto, come si suol dire un effetto virale, perché a valle di quella mia sortita ne hanno scritto e ne scrivono tutti. Non voglio cadere nel sofisma del post hoc, ergo propter hoc, che dalla successione temporale di due fatti trae l’illazione che il primo sia stato causa del secondo, ma ascrivo a me stesso e agli amici del mondo Iri che me lo avevano suggerito il merito di aver intuito che quel tema stava per affacciarsi di prepotenza al proscenio. Si tratta ovviamente di un tema controvertibile e perciò controverso, che attiene a scelte e comportamenti della politica gravidi di indicazioni positive a controindicazioni e che chiede alle forze di governo e di opposizione discernimento e senso avvertito delle loro responsabilità".

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