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Agricoltura: 86mln di ettari in 6 anni accaparrati dalle multinazionali

27 ottobre 2014 | 09.51
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Avanza il fenomeno del land grabbing. L'Africa è l'obiettivo primario ma sono ingenti anche gli investimenti in America Latina, Asia ed Europa dell'Est

(Infophoto)
(Infophoto)

"Con il land grabbing le multinazionali si sono accaparrate nel mondo 86 milioni di ettari negli ultimi 6 anni, 5 volte la superficie dell'Italia". Così esordisce Eric Holt-Giménez, direttore di Food First, tra i relatori della conferenza al Salone del Gusto e Terra Madre che ha affrontato il fenomeno dell'accaparramento dei terreni. Nel mondo le vittime di land grabbing sono molto diverse tra loro, tutte potenziali alleate. Per lottare contro l’accaparramento: "Bisogna creare dei forti movimenti sociali e cercare di cambiare le leggi. Questa l’unica soluzione".

Dati recenti sul fenomeno arrivano da Grain.org, che ha documentato 416 investimenti di land grabbing dal 2006 al 2012, che hanno interessato quasi 35 milioni di ettari di terreno in 66 paesi destinati tutti alla produzione di colture alimentari. La raccolta dei dati fornisce un'istantanea di come l’agribusiness sia stato in rapida espansione in tutto il mondo, a partire dalla crisi alimentare e finanziaria del 2008, e come tutto ciò stia rubando la produzione di cibo dalle mani degli agricoltori e delle comunità locali.

L'Africa è l'obiettivo primario dei land grabbers, ma sono ingenti anche gli investimenti in America Latina, Asia ed Europa dell'Est, a dimostrazione che questo è un fenomeno globale. Chi sono i land grabbers? La maggior parte provengono dal settore agroalimentare, ma ci sono anche società finanziarie e fondi sovrani, responsabili di circa un terzo delle offerte. Investitori europei, soprattutto da Regno Unito e Germania, e asiatici, da Cina e India, rappresentano circa i due terzi dei dati del land grabbing.

Il Mozambico è uno dei paesi maggiormente colpito

Anche gli Stati Uniti sono in corsa, in cima alla lista in 41 casi, mentre gli Emirati Arabi Uniti e l'Arabia Saudita con 39 casi. Il Mozambico è uno dei paesi che maggiormente sta subendo il land grabbing, con un totale di 25 investimenti da parte di ben 13 nazioni (Brasile, Cina, Francia, India, Italia, Libia, Mauritius, Portogallo, Singapore, Sud Africa, Svezia, Regno Unito e Stati Uniti) di cui 21 portati a termine e 5 in via di definizione per un totale di 1.583.149 ettari di terreno espropriati ai contadini.

"Abbiamo una legge che difende la terra, ma non è osservata" dice Ana Paula Tauacale, vicepresidente dell'Unac, Unione nazionale di contadini del Mozambico. Insieme a una rete di cooperative e associazioni ha fatto partire una petizione contro ProSavana, progetto che ha come obiettivo di trasformare un’area di 14,5 milioni di ettari, 145mila km², in un territorio di scorribanda per imprese nippo-brasiliane interessate alla monocoltura da esportazione. "Noi vogliamo portare avanti la nostra agricoltura familiare tradizionale e non abbiamo nessuna terra da regalare alle multinazionali".

Non solo land grabbing, ma ocean grabbing, l’attacco ai nostri mari. "La privatizzazione delle zone di pesca, dovuta all’ossessione della crescita economica dei Governi, ha permesso il proliferare del fenomeno", dichiara Naseegh Jaffer, segretario generale del World Forum of Fisher Peoples. "È ora non solo di parlare di queste cose, ma di agire, e tutti noi possiamo fare la differenza. È sufficiente cambiare il nostro stile di vita e abbracciare una filosofia più ecosostenibile per arrivare all’obiettivo finale: la sovranità alimentare dei popoli".

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