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Dalla padella al biodiesel, Conoe lancia la sfida

Dalla padella al biodiesel, Conoe lancia la sfida
08 novembre 2018 | 13.24
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Verso il 'porta a porta' dell'olio di frittura da trasformare in biodiesel. Questa la sfida del Conoe (Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti) che a Ecomondo presenta una proposta di accordo di collaborazione con l’Anci (Associazione nazionale Comuni italiani) per avviare la raccolta domestica capillare sui territori.

Parallelamente con Utilitalia, la Federazione delle imprese dei servizi idrici, energetici e ambientali, sta sperimentando, in 6 diverse aree geografiche del nostro Paese, differenti modalità di raccolta degli oli vegetali esausti presso le famiglie per verificare quella più efficiente.

Nel 2017 sono state prodotte 260mila tonnellate di oli esausti, 94mila dai settori professionali e 166 mila da attività domestica. Finora solo un quarto degli scarti casalinghi arriva alle bioraffinerie; tutto il resto viene disperso nell’ambiente oppure gettato nei lavandini, provocando un grave inquinamento e una diminuzione dell’efficienza degli impianti di depurazione delle acque di scarto.

Recuperando la produzione domestica, che è il 64% del totale, il Conoe incrementerebbe un ciclo già virtuoso: nel primo semestre 2018 ha raccolto 37mila tonnellate di oli esausti, derivanti principalmente da attività professionali, e punta alle 75mila entro fine anno (più 3mila rispetto al 2017). Di questi, il 90% viene già avviato a rigenerazione per la produzione del biodiesel, in sostituzione o miscelazione di carburanti di origine fossile.

Se tutti gli oli vegetali esausti generati in Italia fossero recuperati come biodiesel, oltre ai benefici ambientali, si otterrebbe un risparmio sulle importazioni di petrolio (82 US/barile) pari a circa 112 milioni di euro.

Il Conoe ha stimato i costi della scorretta gestione degli oli vegetali usati, comparandoli ai benefici di una corretta raccolta sia nelle attività commerciali che nelle case. Prendendo come riferimento una città metropolitana italiana con oltre 2 milioni di abitanti, lo sversamento di oli usati direttamente nelle fognature comporta una spesa di 400mila euro all’anno per il ripristino dell’impianto di depurazione. Smaltendo in maniera corretta questo rifiuto si potrebbe avere un incasso di 400mila euro l’anno: i costi per l’acquisto dei contenitori (500mila euro) e delle taniche per i cittadini (800mila euro) verrebbero ampiamenti compensati dai proventi del recupero degli oli vegetali, pari a circa 1,7 milioni.

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