Insulti a Meloni, quando ad attaccare fu Molko dei Placebo

A febbraio il rinvio a giudizio per le frasi contro la Premier

Brian Molko - Ipa
Brian Molko - Ipa
22 agosto 2025 | 15.16
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Il confine tra espressione artistica e critica politica torna al centro del dibattito pubblico. A riaccendere i riflettori è l'episodio che ha visto protagonista l'artista Adriano Pappalardo, le cui esternazioni dal palco di Passoscuro, comune di Fiumicino, si collocano sulla scia di un caso che ha già definito i termini della questione: quello di Brian Molko, frontman dei Placebo. La vicenda del cantante britannico, rinviato a giudizio per le frasi rivolte alla premier Giorgia Meloni, rappresenta il precedente di maggiore risonanza mediatica. Durante un concerto al Sonic Park di Stupinigi l'11 luglio 2023, Molko aveva pronunciato dal palco, davanti a cinquemila spettatori, una serie di epiteti contro la premier, tra cui "fascista" e "razzista".

Quelle parole, diffuse rapidamente online dopo essere state riprese da numerosi presenti, hanno portato la Procura di Torino ad aprire un'inchiesta. L'ipotesi di reato è quella di vilipendio delle istituzioni, per la quale è necessaria l'autorizzazione a procedere da parte del Ministero della Giustizia. Ottenuto il via libera nel febbraio 2025, la Procura ha potuto procedere con il rinvio a giudizio della rockstar.

Il caso ha riaperto l'eterno dibattito sul fragile confine tra critica politica e insulto. Se i sostenitori di Molko rivendicano la libertà di espressione come diritto al dissenso, l'accusa ritiene invece che sia stato superato il limite della critica legittima per sfociare nell'attacco personale. E così, mentre il caso Molko attende il suo esito processuale, ogni nuovo episodio simile getta benzina su un fuoco mai spento. La domanda di fondo resta la stessa: dove finisce la licenza dell'artista e dove inizia l'oltraggio alla carica istituzionale? Una risposta che, oggi più che mai, sembra destinata a essere scritta nelle aule di un tribunale.

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