Supercoppa a Riad, calcio senza tifosi e devoto al denaro: le ragioni di chi dice 'no'

I social sono pieni delle proteste di chi difende uno sport che ritiene 'snaturato'. Dai comunicati delle curve che non ci saranno al duro richiamo di Riccardo Cucchi sui diritti umani

Supercoppa a Riad, calcio senza tifosi e devoto al denaro: le ragioni di chi dice 'no'
18 dicembre 2025 | 15.26
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Si gioca, da oggi con Napoli-Milan, la Supercoppa italiana a Riad, capitale dell'Arabia Saudita. Non è una novità, perché è dal 2019 che si gioca stabilmente all'Al-Awwal Park una competizione che vedeva tradizionalmente in palio la supremazia nazionale contesa dalla vincitrice dello scudetto e dalla vincitrice della Coppa Italia. La formula attuale prevede una final four, con semifinali e finale, e la partecipazione allargata anche alla seconda della Serie A e alla finalista di Coppa.

L'ultimo accordo tra Lega Serie A e il Public Investment Fund (PIF), rinnovato nel maggio 2025 per altre quattro edizioni fino al 2028, vale 92 milioni di euro totali. Nelle casse della Lega entrano 23 milioni l'anno, puntualmente versati dai sauditi per ospitare l'evento. In questi numeri ci sono tutte le ragioni, esclusivamente economiche, che sostengono chi, essenzialmente la Lega Calcio e quindi le società della Serie A, si schiera con pragmatismo per un calcio sicuramente meno popolare ma più redditizio, in una fase in cui è sempre più difficile garantire la sostenibilità del sistema.

Le ragioni del 'no' sono altrettanto evidenti e radicate nella convinzione che non valga la pena sacrificare per denaro i valori tradizionali del calcio, dalla partecipazione dei tifosi alla fedeltà alle regole base che ne hanno scandito per decenni le abitudini. E' la posizione che il tifo organizzato sintetizza con lo slogan 'no al calcio moderno'. Vale per le troppe partite stagionali, per le nuove formule delle coppe europee, per la Nation League della Nazionale, per i Mondiali che per la prima volta nel 2026 passano da 32 a 48 squadre.

Le tifoserie di Inter, Milan, Bologna e Napoli non saranno per questo a Riad. "La Lega Calcio prosegue nella sua ostinata indifferenza, ignorando sistematicamente il dissenso manifestato anno dopo anno dalle tifoserie italiane. È tempo di porre fine alla mercificazione attuata sulla pelle dei tifosi. No alla Supercoppa in Arabia. No alla deriva del calcio moderno. I Gruppi del Secondo Anello Verde confermano che non presenzieranno alla Supercoppa Italiana in Arabia Saudita. È inaccettabile che, ancora una volta, le mere logiche di profitto vengano anteposte alla passione di migliaia di sostenitori", recita il comunicato del tifo organizzato dell'Inter.

Le tribune dello stadio di Riad saranno senza tifosi italiani. Con l'eccezione di quelli, 180 (45 per squadra) portati direttamente dalla Lega Calcio con i costi della trasferta interamente pagati. Un'iniziativa apprezzabile almeno nelle intenzioni ma che non sposta il senso della protesta di tutti gli altri e che, anzi, ne rafforza la motivazioni: il tifo a inviti, selezionato e sovvenzionato, è il contrario della passione da stadio.

Tutto questo varrebbe anche se la Supercoppa si svolgesse altrove, negli Stati Uniti o in altra collocazione lontana dall'Italia. Ma essendo la Supercoppa a Riad, in Arabia Saudita, c'è un altro piano da tenere presente. E' quello dei diritti umani che va oltre il calcio ma che trova nel calcio una vetrina utile a un'operazione di 'pulizia' della propria immagine che l'Arabia Saudita porta avanti su diversi fronti.

Sul sito di Amnesty International si può leggere la sintesi, molto dura, di Riccardo Cucchi, storica voce Rai di 'Tutto il calcio minuto per minuto', profilo molto seguito sui social network e presidente del premio 'Sport e diritti umani': “Il calcio è ostaggio di chi vuole usarlo a fini di propaganda. L’Arabia Saudita, in cambio di denaro, usa la Supercoppa italiana per mostrare un volto moderno e nascondere le violazioni dei diritti umani. Le squadre italiane andranno a giocare in un paese che ricorre sistematicamente e crudelmente alla pena di morte. Il terzo al mondo per numero di esecuzioni. Nessun dirigente del calcio dovrebbe avere il potere di vendere la passione dei suoi tifosi in cambio di soldi”. Una posizione che trova largo consenso su X, dove il link al contenuto rimbalza, con un commento amaro che ricorre: "ormai se so venduti tutto, purtroppo...". (Di Fabio Insenga)

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