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Taiwan, l'esperto: "'Una Cina' fu errore strategico"

06 agosto 2022 | 13.55
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Berkofsky (Ispi): "Ora tempesta in bicchier d'acqua, Pechino non sarebbe in grado di invadere l'isola e i suoi mercati più importanti sono Usa ed Europa"

(Afp)
(Afp)

Un "errore strategico" commesso tanti anni fa. Ora una "tempesta in un bicchier d'acqua" in un "clima diplomatico avvelenato che avvelenato lo era già prima" della visita di Nancy Pelosi a Taiwan. Ne parla con l'Adnkronos Axel Berkofsky, professore all'Università di Pavia e Co-Head dell'Asia Centre dell'Ispi, convinto che la Cina stia solo "facendo rumore" perché "non ha interessi" e "non sarebbe in grado di invadere Taiwan", intorno a cui continuano le maxi manovre militari, e che per gli Usa sia tempo di abbandonare la cosiddetta "ambiguità strategica", che "forse ambiguità non è più".

"L'Occidente non avrebbe mai dovuto riconoscere la formula della 'Cina unica'", la politica di "un'unica Cina" su cui insiste Pechino, sostenendo che Taiwan sia una "provincia ribelle", dice Berkofsky parlando di un "errore strategico commesso 50 anni fa". L'isola, evidenzia, è "un Paese, un'entità indipendente, autonoma", con "un'economia, una politica estera, un presidente, un premier" e serviva "un messaggio chiaro" che "sarebbe dovuto arrivare dai nostri governi".

E a guardare in profondità, secondo Berkofsky, poco importa se la Cina ha annunciato di voler sospendere meccanismi di dialogo e cooperazione con gli Usa "in risposta" alla visita della Pelosi a Taiwan perché, osserva, ad esempio "la Cina ha interrotto il dialogo sul clima con gli Usa, ma tanto la Cina non avrebbe mai concluso nulla con gli Stati su questo tema".

Gioca la propaganda cinese dopo la visita della Pelosi a Taipei, che - dice - "non è stata un atto di contenimento". "La propaganda cinese sostiene sia stata una crisi gravissima, che gli Usa abbiano minacciato l'equilibrio geopolitico, mentre chi sta lanciando missili, chi sta facendo rumore e minacciando è solo la Cina", osserva, invitando a "guardare avanti" dopo la "risposta" annunciata ieri da Pechino. Un'escalation tra attività militare e quella che "non è solo retorica", ma un livello di linguaggio "infantile" da parte di un gigante asiatico che "non ha ancora capito come si fa la politica internazionale". Magari, evidenzia, "anche per accontentare magari i falchi all'interno della Cina che chiedevano una risposta militare".

E Berkofsky invita a considerare una "dipendenza che non è a senso unico". "La Cina è un partner importante per l'Occidente, c'è una dipendenza europea dalla Cina - osserva - ma c'è anche una grandissima dipendenza" da parte del gigante asiatico. Perché "il mercato più importante per la Cina non è la Russia, né il Brasile o il Venezuela, ma sono soprattutto gli Usa e l'Europa". E quindi, dice, la Cina "continuerà a fare rumore ancora per qualche giorno, ma poi si calmerà perché è un Paese, un'economia e noi siamo Ventisette più gli Stati Uniti".

Anche per questo è ancor più "importante", secondo Berkofsky, "mandare il segnale che la Cina è una dittatura che sta cambiando lo status quo territoriale in Asia", che "sta minacciando militarmente Taiwan da anni, sfidando lo status quo territoriale nel Mar cinese orientale con il Giappone". "Per tanti anni - conclude - abbiamo preteso di poter fare l'engagement con le dittature e vediamo come ha funzionato con la Russia".

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