"Prima dell'invasione della Crimea, nessuno dei miei amici ucraini capiva le ragioni del mio trasferimento dalla Russia. Poi, con la crisi, le cause del mio disagio sono diventate evidenti a tutti gli ucraini", spiega Shro che dopo aver lavorato alcuni mesi come programmatore (a Novozybkov, nella regione di Bryansk, si occupava anche di modelli di elaborazione dati) ora collabora con alcuni giornali in attesa che il suo status sia definito.
Shro, che ha quasi 39 anni, sottolinea la sua insofferenza in Russia. "Non mi potevo esprimere liberamente. Poi, uno scontro con la direzione del dipartimento in cui lavoravo, per le critiche che facevo alle autorità di fronte agli studenti, per essere costretto, come chiunque in Russia lavori nel sistema dell'istruzione o della sanità, a prendere parte a eventi organizzati da Russia unita, è stata la goccia che fa fatto traboccare il vaso. Si è trattato di un conflitto con una forte componente politica, le mie posizioni per loro non erano accettabili, sono stato di fatto costretto a licenziarmi".
Fino allo scorso inverno, Shro è rimasto in Ucraina, un paese a cui si è sempre sentito vicino, sfruttando la possibilità di ingresso senza visti in vigore per i cittadini russi, a patto di tornare in Russia ogni 90 giorni. Poi, lo scorso 17 marzo (il giorno in cui Putin ha riconosciuto l'indipendenza della Crimea, ndr) ha presentato domanda per essere accolto come rifugiato, "uno status che in epoca Yanukovich non veniva concesso a nessuno" (è possibile chiedere la cittadinanza o la naturalizzazione solo dopo cinque anni di residenza, per il momento lui non ne ha diritto perchè non ha coniuge o parenti ucraini e non è nato in Ucraina).
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