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Ambiente: addio gru, l'allarme in vista di Giornata Mondiale Biodiversità

21 maggio 2014 | 15.29
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Nella lista rossa dei vertebrati italiani, curata dall'Iucn (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura), è tra le sei specie estinte in tempi recenti, insieme alla quaglia tridattila, il gobbo rugginoso, il rinolofo di Blasius, lo storione e lo storione ladano

Gru (Xinhua)
Gru (Xinhua)

La gru non c'è più, almeno in Italia. Nella lista rossa dei vertebrati italiani, curata dall'Iucn (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura), è tra le sei specie estinte in tempi recenti, insieme alla quaglia tridattila, il gobbo rugginoso, il rinolofo di Blasius, lo storione e lo storione ladano. Che importanza può avere? Parecchia. Perché la perdita di diversità è la minaccia ambientale più grave a livello mondiale.

Lo sottolinea Legambiente in vista della Giornata Mondiale della Biodiversità che si celebra il 22 maggio in tutto il pianeta, ricordando che è la causa dell’insicurezza alimentare ed energetica, dell'aumento della vulnerabilità ai disastri naturali come inondazioni o tempeste tropicali, della diminuzione del livello della salute all'interno della società, della riduzione della disponibilità e della qualità delle risorse idriche e dell'impoverimento delle tradizioni culturali.

Ognuna delle 1.900.000 specie viventi catalogate dagli scienziati svolge un ruolo specifico nell'ecosistema in cui vive e la scompar­sa anche di una sola specie può portare ad alterazioni irreversibili. Secondo l’Ocse, i danni per la perdita della biodiversità da qui al 2050 sono stimabili in una cifra che oscilla tra i 2 e i 5 trilioni di dollari all’anno, somma superiore alla ricchezza prodotta dalla stragrande maggioranza della nazioni della terra. Le previsioni dell’Ue (riferite anch’esse al periodo 2000-2050) parlano, invece, di una perdita annuale di servizi ecosistemici di circa 50 miliardi di euro soltanto all’interno degli ecosistemi terrestri. Sulle 63.000 specie valutate nell’ultima lista rossa dell’Iucn (International Union for Conservation of Nature), 19.817 sono considerate minacciate. Tra queste, il 41% degli anfibi, il 33% delle barriere coralline, il 25% dei mammiferi, il 13% degli uccelli e il 30% di conifere.

In Europa, secondo la “Red List” ue pubblicata nel 2013, la quota più elevata di specie minacciate si trova nell’area del Mediterraneo: è considerato a rischio il 21% delle 2.032 specie valutate in Spagna, il 15% delle 1.215 specie che si trovano in Portogallo e il 14% delle 1.684 specie presenti in Grecia. L’Italia detiene il primato della biodiversità europea, con oltre 67.000 specie di piante e animali (circa il 43% di quelle presenti in Europa), ma anche da noi le popolazioni di vertebrati sono in declino (soprattutto in ambiente marino). Delle 672 specie di vertebrati valutate (576 terrestri e 96 mari­ne) nella lista rossa dei vertebrati italiani, pubblicata nel 2013 dal Comitato Italia­no dell’Iucn su iniziativa del ministero dell’Ambiente e Federparchi, oltre alle 6 che risultano estinte ultimamente, tra cui la Gru cenerina che in Italia non nidifica più, 161 sono gravemente minacciate di estinzione (28%). Tra queste, lo squalo volpe, l’anguilla, la trota mediterranea, il grifone, l’aquila di Bonelli e l’orso bruno. Le specie in pericolo sono in totale 49 tra cui il delfino comune, il capodoglio, la tartaruga Caretta caretta e la gallina prataiola. Le principali minacce sono perdita di habitat (che ri­guarda circa il 20% delle specie) e inqui­namento (15% circa). Per le specie marine, invece, la causa di mortalità più rilevante è la cattura nelle reti mentre la biodiversità vegetale è fortemente minacciata dall’urbanizzazione selvag­gia e spesso abusiva, dallo sviluppo di infrastrutture, dall’allevamento intensivo e dalle attività antropiche.

Particolarmente preoccupante è lo stato dei mari, soffocati dalla crescente pressione dei trasporti, della pesca, dell’inquinamento, dei cambiamenti climatici e dalla pressione antropica. Tanto che in un rapporto pubblicato lo scorso febbraio, la European Environment Agency lancia un chiaro messaggio: ‘’Il modo attuale in cui usiamo il mare rischia di degradare irreversibilmente molti di questi ecosistemi’’. Come la comparsa di zone morte prive di ossigeno nel Baltico e nel Mar Nero causate dalla progressiva eutrofizzazione o la distruzione dei fondali nel Mare del Nord legata alla pesca a strascico.

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