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Dai 20 anni di Facebook al Pil, il promemoria di Mauro Masi

07 febbraio 2024 | 14.10
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Dai 20 anni di Facebook al Pil, il promemoria di Mauro Masi

FACEBOOK/PERPLEXITY. Il 4 febbraio Facebook ha compiuto 20 anni; venti anni in cui ha trainato lo sviluppo vorticoso dei social network, un fenomeno che ha cambiato non solo Internet ma la vita quotidiana di miliardi di persone. Oggi i social sono più popolari e diffusi che mai; secondo dati recentissimi ogni utente di Internet vi passa in media 2 ore e mezza al giorno; un dato enorme, consolidato durante la pandemia ma rimasto invariato anche dopo. Facebook è peraltro molto diverso da quello di 20 anni fa: molti più video (anche per contenere la concorrenza di Tik Tok) e molto meno “aperto” che agli inizi. Secondo l’Economist siamo ormai prossimi alla fine di un mondo social e vicini alla nascita di un nuovo sistema dove la dominante sarà l’AI. Forse è vero, forse no: dipenderà comunque dagli sviluppi della tecnologia e dall’atteggiamento dei Regolatori verso l’AI. Che, effettivamente, sta sviluppando sempre nuove opportunità per gli utenti di Rete: la più recente e significativa è Perplexity un motore di ricerca basato sull’AI che sta rapidamente affiancandosi (per velocità, completezza e precisione) al “totem” Google, il pilastro insieme proprio a Facebook del Web che abbiamo conosciuto sinora. Non è un caso.

PIL. Nel PROMEMORIA dello scorso 5 giugno avevamo sottolineato come – secondo i dati di tutti gli Organismi Internazionali della cooperazione economica – l’economia italiana era uscita dalla pandemia meglio di quasi tutti i Paesi industrializzati. Era seguito poi un sensibile rallentamento del ritmo di crescita del PIL. Ora i dati preliminari sulla chiusura del 2023 resi noti pochi giorni fa dall’ISTAT segnalano, grazie ad un importante “colpo di remi” dell’ultimo trimestre, una crescita di 0,7%, solo un decimale sotto quella indicata dal Governo nel Nadef. Un andamento quest’ultimo di nuovo superiore a quello di tutti i Paesi dell’Eurozona (ad eccezione della Spagna, dove però il rallentamento nella pandemia era stato molto superiore agli altri) in particolare di Francia e Germania che nell’ultimo trimestre del 2023 hanno visto, rispettivamente, crescita zero a Parigi e addirittura – 0,3% a Berlino.

LIRICA. Lo scorso dicembre, l’UNESCO ha proclamato la lirica italiana (per la precisione, il canto lirico italiano) “patrimonio immateriale dell’Umanità”. Un tributo, in qualche modo, dovuto (ma niente affatto scontato, come ben sa chi conosce il funzionamento – complesso e burocratico – di molti organismi internazionali) ad una tradizione culturale e artistica riconosciuta nel mondo da secoli. Ma la nostra lirica non è solo un grande “motore” culturale ma è ormai anche divenuta uno dei settori economicamente più significativi del sistema che ruota intorno allo spettacolo. Come ha ricordato di recente il Presidente di Agis e Sovrintendete dell’Opera di Roma, Francesco Giambrone ogni euro investito nella lirica restituisce alla collettività (con effetto moltiplicatore delle molte attività connesse) tra i 2 e i 2,5 euro. Ed inoltre, nei 384 milioni incassati in Italia nel 2022 per spettacoli dal vivo, 84 milioni, circa il 23%, vengono dalla lirica. Dal lato dei finanziamenti, diminuisce il peso dei contributi pubblici e cresce quello dei privati (spinto anche dall’Art bonus) che vedono sempre più nell’intervento nella lirica uno strumento efficace a sostegno delle collettività. Un recentissimo esempio in questo senso è lo straordinario concerto di Riccardo Muti e la Chiacago Simphony Orchestra all’Opera di Roma sponsorizzato dalla Banca del Fucino (istituto di cui ho l’onore di essere Presidente) che ha offerto 700 biglietti (circa il 60% del totale) della serata alla cittadinanza romana.

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