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Mafia, operazione nel trapanese: fermati uomini vicini a Messina Denaro

15 dicembre 2020 | 07.50
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(Foto Fotogramma)
(Foto Fotogramma)

Oltre un centinaio agenti della Polizia di Stato appartenenti alle Squadre Mobili di Trapani e Palermo, coordinati e supportati dal Servizio Centrale Operativo, stanno dando esecuzione a 13 provvedimenti di fermo emessi dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo nei confronti di soggetti appartenenti a Cosa Nostra, alcuni dei quali particolarmente vicini al boss latitante Matteo Messina Denaro.

Tra i 13 fermati ci sono uomini vicini al boss latitante Matteo Messina Denaro.

Tra i 20 indagati, nei confronti dei quali sono in corso perquisizioni con l’ausilio di unità cinofile e apparecchiature speciali per la ricerca di armi c'è anche Salvatore Barone, fino alla scorsa estate presidente del Consiglio di Amministrazione pro tempore dell’azienda per i trasporti Atm di Trapani, già direttore generale della stessa compagine societaria a partecipazione pubblica, tra i destinatari di fermo nell'ambito dell'operazione della polizia a Trapani contro persone vicine al boss latitante Matteo Messina Denaro. E' inoltre indagato e non destinatario di provvedimento il sindaco di Calatafimi, per i reati di tentata estorsione e corruzione elettorale, aggravati dal metodo mafioso.

Nei confronti di Barone sono stati raccolti rilevanti indizi di colpevolezza riguardanti condotte tese a favorire famiglie mafiose di Calatafimi e Vita. In particolare in qualità di presidente della cantina sociale Kaggera di Calatafimi, altra carica da lui da tempo ricoperta, è risultato completamente assoggettato ai voleri del capo della locale famiglia mafiosa, Nicolò Pidone, che direttamente o attraverso il proprio fiduciario Gaetano Placenza, allevatore, anche lui sottoposto a fermo e facente parte dell’organigramma della compagine direttiva societaria, in qualità di consigliere, ne pilotava le policy di governo, decidendo le assunzioni di personale finalizzate a dare sostentamento alle famiglie dei detenuti mafiosi e la dazione di somme di denaro, a favore di esponenti di Cosa Nostra, aggirando le norme statutarie interne.

Tra le assunzioni più importanti, tese a favorire la compagine mafiosa, figurano quelle di Veronica Musso, figlia del boss Calogero Musso, ergastolano, già capo della famiglia di Cosa Nostra di Vita, nonché, quella in itinere, di Loredana Giappone, moglie del fermato Leo Rosario Tommaso.

Tra i reati contestati quelli di associazione mafiosa, estorsione, incendio, furto, favoreggiamento personale e corruzione elettorale, aggravati dal metodo mafioso.

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