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Milano: giudice, Kabobo stress per sopravvivenza ha aggravato patologia

04 giugno 2014 | 15.05
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"La decisione di stress derivante dalla lotta per la sopravvivenza ha inciso sulla patologia di base, aggravando la sintomatologia delirante ed allucinatoria e la compromissione cognitiva". E' quanto si legge nelle 33 pagine di motivazioni con cui il gup di Milano Manuela Scudieri ha condannato lo scorso 15 aprile Adam Kabobo a 20 anni di carcere, più tre in una casa di cura e custodia, per triplice omicidio. Era l'11 maggio 2013 quando in zona Niguarda, il 32enne ghanese armato di piccone ha colpito a morte il pensionato 64enne Ermanno Masini, il 21enne Daniele Carella e Alessandro Carolè di 40 anni.

"Partendo dalla condivisa affermazione secondo la quale il comportamento omicidiario risulta funzionale alla soluzione di un'ampia varietà di problemi, i periti - si legge - hanno riportato le motivazioni addotte dallo stesso imputato, il quale avrebbe agito per essere catturato, così ponendo fine alle sofferenze dovute alla insoddisfazione dei bisogni primari, per attirare l'attenzione di coloro che lo ignoravano costantemente, nonchè per obbedire alle voci 'descritte come a tratti imperative a tratti consiglianti a tratti commentanti'".

L'imputato "non si è limitato a giustificare la sua condotta riferendo la presenza delle 'voci', ma ha espresso chiaramente il suo stato di rabbia verso un mondo che non lo accoglieva, non gli prestava aiuto, non soddisfaceva neppure le sue primarie esigenze di vita", si evidenzia. Se da un lato, emerge "la evidente assenza di cautela da parte di Kabobo al momento dei fatti (non si nasconde, vaga per almeno 90 minuti con il piccone in spalla, non cerca di occultare i corpi delle vittime", dall'altro c'è "l'altrettanto chiara capacità dell'imputato di modulare la propria condotta secondo degli eventi e delle sue necessità".

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