Il quotidiano Usa: l'ingresso dei privati come sponsor per restauro e conservazione potrebbe trasformare i siti storici del Belpaese in luoghi commerciali, in mano ai magnati del lusso e della moda
Grandi restauri 'griffati' nel mirino del 'Washington Post'. In un articolo, apparso sul quotidiano statunitense, e rilanciato dal britannico 'The Independent', si punta il dito contro il rischio di "disneyficazione" del patrimonio storico-artistico italiano, legato agli investimenti messi in campo dai grandi marchi del lusso e della moda, pronti a sfruttare l'occasione per commercializzare il loro prodotto e mettere le mani sul patrimonio culturale del Belpaese.
Marchi come Tod's per il Colosseo, Bulgari per la scalinata di Piazza di Spagna e Fendi per Fontana di Trevi possono essere un rischio -si legge sul quotidiano d'oltreoceano- perché si potrebbe arrivare a "commercializzare la cultura", o meglio, a "vendere l'anima" del patrimonio italiano.
Il problema, secondo il Washington Post, è infatti che i magnati del lusso e del made in Italy, oltre a metterci i soldi, potranno fare affari nel luogo sponsorizzato, magari utilizzando il brand stesso del bene 'tutelato'. Così avverrà infatti con Tod's "che disegnerà il suo marchio sui biglietti venduti al Colosseo", spiegano dal WP.
"Di fronte al pluriennale malessere economico e alla gravità del degrado di alcuni siti, gli italiani però hanno fatto buon viso a cattivo gioco", accettando di dare in mano ai privati gli interventi di recupero, scrive ancora il giornale. Che annuncia come ci siano in cantiere nuove sponsorizzazioni, anche estere, "come quella di un gruppo dell'Arabia Saudita, che si prenderà cura del Mausoleo d'Augusto a Roma".
Ma in tempi di crisi 'pecunia non olet', come dicevano i latini: "Che cosa faccio se un privato mi offre 25 mln di euro per restaurare il Colosseo? Me li prendo", conclude l'articolo, citando il sindaco di Roma Ignazio Marino.
