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Dai Ballets Russes a Nureyev, l'eredità di Molière

13 gennaio 2022 | 19.23
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Alla Comédie Francaise il 'Molière imaginaire' di Béjart che aveva cambiato nome in ricordo del drammaturgo francese

Maurice Béjart (photo©ErlingMandelmann.ch)
Maurice Béjart (photo©ErlingMandelmann.ch)

Dai Ballets Russes di Sergej de Diaghilev a Nureyev, da Maurice Béjart a Sergio Bernal l'universo di Molière è sempre stato nel cuore di Tersicore, fonte di ispirazione e modello di vita. In principio fu il celebre impresario russo che portò in scena, dopo un lungo silenzio, 'Les facheux', balletto in un atto, dal clima leggero e 'cortigiano', firmato da Bronislava Nijinska, su musiche di Georges Auriac e libretto di Boris Kochno, liberamente ispirato all'omonima comédie-ballet di Molière con la stessa Nijinska in uno dei ruoli principali accanto a Léon Woizikowsky e Anton Dolin (debutto il 19 gennaio 1924).

Si deve a Maurice Béjart, alla sua personalissima storia, la rinascita del grande commediografo francese in ambiti tersicorei. Il 3 dicembre 1976 Maurice Béjart andava in scena alla Comédie Francaise con la prima del suo spettacolo 'Molière imaginaire', un capolavoro, tra i capisaldi del balletto contemporaneo, 'scritto' per il suo Ballet du XX Siècle. Con questa pièce, infatti, Béjart, in scena accanto a Robert Hirsch, Bertrand Pie, Jorge Donn, Rita Poelvoorde, consacra una nuova forma di spettacolo.

Invertendo le parole della comédie-ballet di Molière e compiendo il passo definitivo nella direzione di una esperienza di teatro totale, che univa alla danza e alla musica il canto e la recitazione, il grande coreografo francese ha drammatizzato la leggenda di Molière dandole il respiro delle proprie esperienze. Come aveva fatto ai suoi tempi Jean-Baptiste Poquelin, anche il maestro e coreografo marsigliese aveva lasciato la sua famiglia per dedicarsi all'arte del balletto. Ha cambiato nome da Berger in Béjart, il cognome della famiglia di attori alla quale si era unito nel 1643 il giovane Poquelin.

Un'opera in musica biografica che racconta Molière sulla poltrona del suo 'malade imaginaire'. Gli ultimi mesi, gli ultimi giorni di vita ormai stanco, invecchiato, abbandonato dalla moglie, tradito dall'amico Lully e dall'ambiente frivolo della corte, addolorato dalla scomparsa dell'unico figlio, apparentemente è un uomo senza più potere. Ed è nel finale del suo 'Molière imaginaire' che Béjart lo riscatta proiettandolo come simbolo di un potere culturale che umilia il re. Davanti alla resurrezione di Molière e del suo teatro il sovrano aveva esclamato: "c'est le siècle de Louis XIV'. E Molière gli aveva ribattuto: 'c'est mon siècle'.

Tre anni dopo, l'8 aprile 1979, debutta al New York State Theater il 'Borghese Gentiluomo' nella rilettura coreografica di George Balanchine, sull'omonima suite orchestrale di Richard Strauss, per Rudolf Nureyev accanto a Patricia McBride Jean-Pierre Bonnefous. L'aveva anticipato al New York Times il tartaro volante. 'Sono anni che sogno un ruolo comico - aveva confessato - Ed ecco ora l'incontro con Balanchine. Il sogno si avvera". Poche rappresentazioni, un balletto non amato dai terribili critici americani.

"Spettacolo pretenzioso - scriveva Arle Croce sulle pagine del New Yorker - Una collaborazione, quella tra Nureyev e Balanchine, di breve durata". Così non fu. Il balletto venne rappresentato l'anno dopo anche all'Opera di Parigi. L'ultimo omaggio a Molière il 30 e il 31 gennaio all'Auditorium Parco della Musica di Roma nell'ambito del gala Les Etoiles, curato da Daniele Cipriani con il danzatore spagnolo Sergio Bernal che presenta, in anteprima nella capitale, l'assolo 'Le Roi Danse' con il costume creato per l'occasione da un signore dell'haute couture internazionale, Roberto Capucci.

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