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D'Annunzio non fu iniziato alla massoneria, 'negli archivi non c'è traccia dell'affiliazione'

24 ottobre 2022 | 14.16
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Lo rivela Raffaella Canovi, studiosa dannunziana che ha pubblicato il saggio "L'iniziato. D'Annunzio e la massoneria" (Ianieri)

D'Annunzio non fu iniziato alla massoneria, 'negli archivi non c'è traccia dell'affiliazione'

Diversi sono i misteri e i miti che ruotano attorno alla figura di Gabriele d’Annunzio (1863-1938): rientra nella 'favola bella' del Vate anche l'iniziazione massonica? Il poeta non risulta affiliato ufficialmente alla massoneria. Almeno stando alle carte d'archivio, dove non c'è traccia della sua adesione a nessuna loggia. Lo rivela la storica Raffaella Canovi, studiosa dannunziana, autrice del libro "L'iniziato. D'Annunzio e la massoneria" pubblicato dalla casa editrice Ianieri (prefazione di Aldo A. Mola, pp. 370, illustrato, euro 22,00).

Nell'archivio del Grande Oriente non è presente 'il fratello' d'Annunzio, così come non ci sono accenni di un'affiliazione massonica al Vittoriale degli Italiani, all'Archivio Centrale dello Stato di Roma, né nel Fondo Domizio Torrigiani presso l’Istituto Storico Toscano della Resistenza e dell’Età contemporanea di Firenze.

"Ricercando fra le carte d'archivio, fra documenti e registri non si trovano prove di una vera e propria iniziazione del poeta, pur esistendo certamente legami presenti lungo buona parte della sua vita", spiega all'Adnkronos Raffaella Canovi, già autrice di "D'Annunzio e il fascismo. Eutanasia di un'icona" (Bibliotheka Edizioni, 2019).

Senza un documento di affiliazione non è possibile annoverare con sicurezza d'Annunzio fra i massoni: la sua nomina a fratello onorario con il 33° grado della Gran Loggia d'Italia degli Alam e la presunta consegna della sciarpa bianca a Fiume da parte del Gran Maestro Raul Palermi - sostiene Canovi - "sono da considerarsi onorificenze riconosciute e concesse dalla Gran Loggia d'Italia al famoso poeta-soldato e Comandante di Fiume nel tentativo di includere la mitica figura dannunziana".

Fu infatti proprio attorno all'impresa di Fiume che i rapporti fra il poeta e la massoneria si concentrarono: nella città furono presenti entrambe le obbedienze, sebbene il Grande Oriente d'Italia-Palazzo Giustiniani fosse preminente. Le due comunità massoniche nazionali giunsero a contendersi il presunto iniziato d'Annunzio: poter vantare il poeta-eroe tra i propri affiliati avrebbe conferito enorme lustro a una delle due famiglie massoniche.

"D'Annunzio non è stato un vero massone come non è stato un vero politico, si è probabilmente divertito a indossare anche la maschera dell’iniziato - argomenta Canovi - Lo sperimentatore geniale, capace di assorbire e trasformare ogni cosa, era senza alcun dubbio attratto dall'esoterismo, dall'occultismo e contemporaneamente dalla libera muratoria solamente nella misura in cui si avvicinavano al suo essere indefinibile. Troppi riti, troppi limiti, troppa ubbidienza pretendeva la massoneria: troppo libero e indipendente, troppo individualista e anarcoide di fondo era il poeta".

Creatore e padrone assoluto del suo cosmo, d'Annunzio ha attraversato curioso la vita, attento a tutto ciò che colpiva la sua sensibilità. Da qui l'interesse verso lo spiritismo, l’esoterismo, il martinismo e la libera muratoria. "Si può tuttavia affermare con sufficiente certezza - in base ai documenti oggi disponibili - come la massoneria non abbia influenzato le scelte politiche o di vita del poeta", sostiene Canovi. Nel suo essere sopra tutto e tutti, d'Annunzio ha saputo 'sfruttare' il potere massonico piegando questo rapporto – indefinito – ai propri fini.

"D'Annunzio si appoggiò e in un certo senso approfittò della libera muratoria per forzare l'annessione di Fiume e per ottenere con facilità gli approvvigionamenti per la città, cionondimeno è impossibile affermare che ne seguisse regole e dettami", sostiene ancora Canovi.

(di Paolo Martini)

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