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Attacco Hamas a Israele, incertezza sui mercati ma molto dipenderà da nodo Iran

09 ottobre 2023 | 16.17
LETTURA: 5 minuti

I mercati temono un escalation del conflitto in Medio Oriente

(Afp)
(Afp)

Dopo l'attacco di Hamas a Israele c'è molta incertezza sui mercati e in particolare sui mercati energetici dove sono in forte rialzo sia il petrolio (brent +3,5% e Wti +3,94%) che il gas (ad Amsterdam il Ttf +12,7%). I mercati temono un escalation del conflitto in Medio Oriente e in particolare un possibile coinvolgimento dell'Iran. "E' ancora presto" per capire le possibili ripercussioni sui mercati della crisi in Medio Oriente, spiega all'Adnkronos è Simone Tagliapietra, senior fellow del think tank Bruegel e docente dell’Università Cattolica di Milano: "Molto dipenderà dalla questione Iran che resta un enorme punto interrogativo. Bisognerà guardare quello che succederà nei prossimi giorni". L'impatto principale del conflitto in Israele, spiega, "è soprattutto sul petrolio perché l'aumento del prezzo del gas di oggi non è dovuto alla situazione in Medio Oriente ma piuttosto al calo di pressione nel gasdotto offshore Balticconector" tra Finlandia ed Estonia. "La perdita del gasdotto ha sollevato l'ansia nei trader che temono che possa verificarsi nuovamente una situazione simile a quella del Nord Stream", osserva Tagliapietra.

Per quanto riguarda l'andamento del petrolio, invece, sottolinea l'economista, "bisogna guardare a due aspetti: non c'è un impatto diretto visto che Israele non è produttore di petrolio. Il rialzo del prezzo è dovuto alla paura dei trader che ci possa essere l'Iran dietro l'attacco di Hamas. Se dovesse essere verificato il ruolo di Teheran ci potrebbero essere implicazioni importanti".

Dal 2018, rileva Tagliapietra, "gli Stati Uniti hanno rimesso le sanzioni sul petrolio iraniano. Ma dalla fine dell'anno scorso Washington ha allentato le sanzioni perché il presidente Joe Biden era orientato a tenere basso il prezzo del greggio e a spingere per il rilascio dei cittadini Usa accusati di spionaggio da parte di Teheran. E questo ha permesso all'Iran di esportare sempre più greggio raggiungendo circa 700 mila barili al giorno". "E' proprio a questo volume che stanno guardando i trader. Se ora gli Stati Uniti dovessero rafforzare le sanzioni si rischierebbe un calo dell'export iraniano e di conseguenza il prezzo del petrolio potrebbe salire oltre i 100 dollari al barile". Ma comunque, aggiunge l'economista, "bisognerà guardare anche all'atteggiamento dell'Arabia Saudita che potrebbe controbilanciare l'eventuale riduzione delle esportazioni iraniane oppure no".

Un'analisi, questa, condivisa anche da Norman Villamin, Group Chief Strategist di Union Bancaire Privée (Ubp), che in un report spiega che "una risposta globale che riduca l'offerta iraniana senza che l'Arabia Saudita compensi con un aumento della produzione creerebbe un nuovo shock dell'offerta per i mercati energetici globali. Con i titoli azionari del settore energetico storicamente a buon mercato su base assoluta e rispetto al mercato più ampio, il settore potrebbe offrire un rifugio sicuro nel contesto di incertezza geopolitica emerso nel fine settimana".

Per Luigi De Paoli, professore di Economia applicata all’Università Bocconi è ancora difficile avere un quadro chiaro delle possibili ripercussioni sui mercati energetici: "La volatilità - spiega all'Adnkronos - è aumentata, i rischi ci sono ma al momento non ci sono segnali concreti che dimostrano l'intenzione di ridurre la produzione o di un rischio per le infrastrutture in uno dei paesi" che potrebbero essere coinvolti nel conflitto. "Oltre alle reazioni di carattere politico queste tensioni potrebbero provocare anche azioni terroristiche come è successo alcuni anni fa su delle infrastrutture energetiche nel caso in cui aumentasse il conflitto", osserva De Paoli.

Anche per il direttore della Rivista Energia, Alberto Clò dopo l'attacco di Hamas ad Israele ci sono "numerosi interrogativi" sul tavolo: "Come reagiranno i paesi Arabi? faranno pressione su Israele? Anche se Israele è autosufficiente sul gas non lo è per il petrolio", spiega all'Adnkronos l'economista. Con il conflitto in Medio Oriente "il prezzo del petrolio è tornato a crescere, intorno agli 88 dollari barile ed è stato interrotto un andamento in calo con un prezzo che era sceso fino agli 84 dollari. Ora bisognerà capire come andranno le cose e sicuramente ci sono timori per un allargamento del conflitto. Nel conflitto, infatti, indirettamente sono coinvolti l'Iran e i suoi 4 milioni di barili al giorno e l'Arabia Saudita con i suoi 11 mln di barili al giorno. Non bisogna essere catastrofisti ma potrebbe accadere di tutto". A 50 anni dalla guerra del Kippur dell'ottobre del 1973, rileva, "ci ritroviamo in una situazione non dissimile".

Dopo l'attacco a sorpresa di sabato mattina c'è molta volatilità sui mercati sulla scia dei timori degli investitori su una possibile escalation degli scontri in Medio Oriente con il possibile coinvolgimento di più Stati (Libano e Iran in primis). Per Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di Ig Italia "la volatilità rimarrà molto elevata nei prossimi giorni" e " l’impatto sui mercati sarà sempre più profondo se dovessero essere coinvolti altri Stati, portando ad un’avversione al rischio e ad un sentiment di risk-off che potrebbero protrarsi a lungo". La destabilizzazione del Medio Oriente, rileva, "porta pressioni fortemente rialziste sulle quotazioni del petrolio e spinge gli investitori a guardare verso beni rifugio (bond, Usd, Chf, Jpy, Oro)".

Un’analisi storica dell'impatto di tali conflitti geopolitici - che vanno dai colpi di stato, agli omicidi politici, agli eventi terroristici, fino alle guerre transfrontaliere tra Stati nazionali - sull'indice S&P 500 a partire dal 1940, sottolinea Norman Villamin, Group Chief Strategist di Union Bancaire Privée (Ubp), "suggerisce per tali eventi in aggregato un impatto iniziale modesto, che tende a dissiparsi rapidamente. Tuttavia, il tipo e la durata dell'evento sono importanti per comprendere il potenziale impatto sui mercati. Gli attacchi terroristici interni (Madrid 2004, Londra 2005, ecc.) hanno storicamente avuto solo un impatto temporaneo sui mercati, con l'S&P 500 in rialzo, in media, dai 3 ai 12 mesi dopo. Tuttavia, è importante notare che un conflitto prolungato che coinvolge più nazioni ha rappresentato un ostacolo per i rendimenti azionari statunitensi su un orizzonte almeno di sei mesi, con la notevole eccezione dell'inizio delle ostilità in Corea".

Pertanto, in base ai precedenti storici, sottolinea l'analista, "il rischio che la più grande incursione in Israele dal 1973 si trasformi da evento localizzato a conflitto prolungato e che coinvolga un numero maggiore di Paesi dovrebbe essere tra le principali preoccupazioni degli investitori. Infatti, un conflitto prolungato può potenzialmente coinvolgere l'Iran e mettere a repentaglio la potenziale normalizzazione dei rapporti diplomativi tra Arabia Saudita e Israele, che si dice sia prossima all'annuncio".

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