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Healthcare, energia, tecnologia e consumi, così Carmignac scommette sulla Cina

25 giugno 2021 | 12.10
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Healthcare, energia, tecnologia e consumi, così Carmignac scommette sulla Cina

“Per investire con successo in Cina bisogna cercare i ‘vincitori’ di domani, nel nostro fondo non abbiamo Alibaba o Tencent. I primi 10 componenti dell’indice MSCI China oggi sono molto diversi dai primi 10 di 10 anni fa, ma fra 10 anni non saranno gli stessi leader di oggi. Anche la globalizzazione delle società cinesi è una tendenza molto rilevante e sono sicura che ci saranno sempre più aziende cinesi che saranno global players, come già avvenuto nelle tlc, da Huawei a Xiaomi:”. E’ lo specchio di un’economia che corre e cambia rapidamente, quello che traccia all’Adnkronos Haiyan Li-Labbé che segue per Carmignac una serie di fondi focalizzati sul mercato cinese.

Da lei arriva l’invito a ‘pensare differente’ con uno sguardo al futuro più che al presente: “I motori della crescita futura saranno molto diversi da quelli attuali. Nel giro dei prossimi 3-5 anni – spiega – penso che la crescita dei colossi del tech e dei grandi gruppi legati a Internet rallenterà, anzi lo sta già facendo: il periodo d’oro è alle spalle, ci sarà un periodo di crescita decente ma non più rapida come prima”. Nel paese, ricorda, “la penetrazione di internet tocca già oltre un miliardo di persone e i servizi di e-commerce toccano già più del 30%” delle maggiori città. Difficile quindi aspettarsi tassi ‘ruggenti’ come nel recente passato.

Ma le buone occasioni non mancano: “Se dovessi fare una scommessa su un settore – aggiunge l’analista – punterei sull’healthcare, e non solo perché la popolazione della Cina sta invecchiando: finora le imprese nazionali erano soprattutto fornitori” a grandi gruppi stranieri, “ma credo che vedremo emergere qualche grande player cinese in questo settore” capace di espansione all’estero.

Oltre al boom della cura della persona, Haiyan Li-Labbé punta anche l’attenzione sulle possibilità aperte dall’innovazione industriale che – spiega – “è un trend molto importante perché la Cina vuole aumentare la propria indipendenza tecnologica”, quindi con un’accelerazione sul fronte dell’Intelligenza Artificiale e della mobilità elettrica.

Questo punto, aggiunge, si collega a un’altra grande area di trasformazione (e di possibilità) e cioè la transizione energetica. Anche qui, per la Li-Labbé la parola chiave è indipendenza: “Oggi in Cina il carbone rappresenta il 60% del mix energetico e il paese importa 2 terzi del petrolio che consuma, e che viene pagato in dollari. Ma Pechino vuole una indipendenza valutaria ed energetica, e per raggiungerla deve aumentare l’utilizzo delle energie rinnovabili”. Un processo favorito dal fatto che il paese “ha illimitate risorse in termini di solare ed eolico, e sono già partiti grandi progetti, che prevedono reti ad alto voltaggio per trasferire l’energia rinnovabile da Ovest a Est nel paese, la creazione di grandi data center nelle regioni dell’Ovest alimentate con fonti rinnovabili, e poi lo sviluppo dell’industria del fotovoltaico”. Oggi, ricorda, “la Cina copre una quota del 90% nella produzione di pannelli solari e realizza ottimi sistemi eolici, settori che possono comunque crescere”.

La ricerca dell’indipendenza dal greggio stimolerà anche il settore automobilistico dove nel 2020, ricorda l’analista, “solo il 4-5% delle auto vendute in Cina erano a batteria, mentre già oggi il rapporto è salito al 10%: per il 2025 governo punta a una quota di elettriche al 20% ma penso ci si arriverà prima e nel 2035 in realtà potremmo raggiungere il 45%”. Un boom che inevitabilmente innalzerà l’attrattività (e anche la capacità di export ) delle case cinesi più attive nel settore. Dopo Healthcare, tecnologia ed energia, l’ultima area di crescita promettente, aggiunge, è quella dei “modelli di nuovi consumi”. Se in Occidente l’attenzione è solo sui ‘soliti nomi’ la Li-Labbé invita a guardare a nuove aziende che stanno crescendo vertiginosamente: “Due nomi per tutti, Shein, che è la seconda più app scaricata dopo Tik Tok, una piattaforma internazionale per la vendita di abbigliamento e cosmetici online B2C che vende fuori della Cina con un ricambio di produzione due volte più rapido di Zara, e Minso, una catena di prodotti con oltre 4.800 negozi che si ispirano al lifestyle giapponese e che ha appena aperto i primi punti vendita anche in Italia : non hanno industrie proprie ma si appoggiano a centinaia di designer che ogni settimana sfornano più di 100 nuovi prodotti ‘giovani’ di buona qualità a prezzi molto più bassi” di quelli abituali.

L’analista invita a considerare che le imprese cinesi “si stanno globalizzando: guardate agli Europei di calcio, nel 2000 nessuno sponsor era cinese, oggi ce ne sono ben 4”. Stesso discorso se si considerano le principali aziende nazionali: “Nella top ten delle compagnie cinese nel 2010 c’erano le grandi aziende statali, come Petrochina o l’Industrial and Commercial Bank of China, oggi sono scese alla metà, e credo che fra 10 anni in questa classifica ci saranno solo imprese private. Per questo, negli investimenti, ci focalizziamo su una transizione di lungo termine sui futuri market leader”. “Certo – ammette – in alcuni settori c’è una fortissima volatilità, ma bisogna pensare ‘macro’ e leggere, studiare, capire cosa vuole il governo, dove vuole guidare l’economia”. Perché sarà anche un’economia dinamica e innovativa, ma in Cina – come dimostrano le disavventure recenti di alcune grandi società – bisogna stare sempre attenti a capire dove va e cosa vuole la politica.

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