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Ue: "Qualche progresso per Italia ma può mettere a rischio crescita Europa"

26 febbraio 2016 | 16.36
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L'Italia ha fatto qualche progresso ma continua ad essere un fattore di rischio per la crescita in Europa. La Commissione Ue, nel 'country report' sul nostro Paese, mette in evidenza le riforme fatte ma anche tutti i ritardi accumulati e la distanza rispetto ad alcune raccomandazioni. "La ripresa modesta e le debolezze strutturali" dell'Italia "influiscono negativamente sulla ripresa e sul potenziale di crescita dell'Europa" visto che - segnala Bruxelles - il nostro paese "data la sua centralità nella zona euro, è fonte di potenziali ricadute sugli altri Stati membri". In sostanza, l'Italia è centrale in Europa e "le dimensioni e le fitte connessioni commerciali e finanziarie" che ne caratterizzano l'economia "implicano che il suo stato può avere conseguenze di rilievo per le altre economie dell'Ue".

Altro giudizio duro sul fronte sociale. Rispetto all'obiettivo di ridurre il numero di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale in Italia "non soltanto non si registra alcun progresso, ma la situazione è ulteriormente peggiorata". Nel 2014 la percentuale delle persone 'a rischio' era del 28,3%, "in leggero calo dal 28,5% del 2013 ma ancora molto più alta rispetto al 2008", quando era del 25,5%.

I rischi maggiori per l'economia italiana arrivano sempre da debito, competitività e produttività. "L'elevato rapporto debito pubblico/PIL dell'Italia, unito al deterioramento della competitività e della crescita della produttività, continua ad essere una fonte di vulnerabilità per l'economia" italiana. Il rapporto debito/PIL dovrebbe toccare il massimo a circa il 133% nel 2015 per poi diminuire nel 2016 e nel 2017 "grazie alla prevista ripresa associata a un ulteriore calo del tasso d'interesse sul debito". Per i tecnici della Commissione, "l'avanzo primario strutturale dovrebbe tuttavia peggiorare, rallentando il ritmo di riduzione del debito sottostante".

La Commissione segnala anche il ritardo accumulato sul fronte della spending review. "L'Italia ha compiuto progressi limitati nel dar seguito alla raccomandazione" della Commissione Europea di rivedere la spesa pubblica. La relazione evidenzia come, nonostante "alcuni interventi positivi", "gli obiettivi di risparmio tendono ad essere sistematicamente ridimensionati o a dare risultati inferiori alle aspettative".

Non solo. Alcuni dei provvedimenti adottati dall'Italia "quali la soglia più alta per i pagamenti in contanti e la revisione del sistema sanzionatorio per i reati fiscali, suscitano dubbi circa l'impatto sull'evasione e l'elusione fiscali". Così come l'Ue 'bacchetta' l'Italia per le scelte in materia di tassazione sul settore immobiliare a cominciare dall'abolizione dell'Imu che "non è in linea con le reiterate raccomandazioni del Consiglio di spostare la pressione fiscale dai fattori produttivi ai consumi e ai beni immobili". Inoltre, spiega la Commissione, "non è stato dato seguito ad elementi fondamentali delle raccomandazioni specifiche per paese, quali la revisione dei valori catastali e delle agevolazioni fiscali".

Al contrario, la Commissione promuove quanto fatto dal governo nel settore bancario. "L'Italia ha compiuto notevoli progressi" sul "miglioramento del governo societario delle banche". Bruxelles riconosce poi "qualche progresso" per quanto riguarda "il miglioramento della qualità delle attività bancarie".

Dal governo nessuna risposta ufficiale ai rilievi di Bruxelles, anche se fonti del Mef osservano che nel rapporto non c'è "nulla di nuovo su debito e competitività" e che il documento "trascura gli interventi realizzati per allentare gli oneri tributari". Inoltre, si sottolinea a via XX Settembre, se il debito pubblico italiano è "cresciuto marginalmente nel 2015 toccando il picco, e comincia a diminuire dal 2016" ciò avviene "grazie alla crescita economica e a una politica di bilancio responsabile che realizza un significativo surplus primario".

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