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Iraq, testimonianza da Erbil: 'Aspettiamo il Papa, speranza per tutti'

03 marzo 2021 | 15.29
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(foto Afp)
(foto Afp)

Una visita che ha "un'importanza particolare", che "significa grande speranza per tutto il popolo iracheno", per un Iraq ferito dalla guerra, dal terrorismo, dall'Isis, che fa i conti con la pandemia di coronavirus. Raid Michael, iracheno della comunità siro cattolica, attende a Erbil l'arrivo di Papa Francesco, aspetta la messa di domenica nello stadio di Erbil. "Andrò sicuramente", dice ad Aki - Adnkronos International. E' originario della zona di Ninive, la sua famiglia vive a Qaraqosh, e lui spera di poter andare anche lì. "Il Papa viene per tutti, tutti guardano a questa visita come una speranza", dice Michael, Country Director in Iraq di Un Ponte Per, l'ong nata nel 1991, che promuove pace, diritti umani, solidarietà tra i popoli.

A Erbil, racconta, tutti parlano della visita del Papa "con entusiasmo", qui "vive quasi la metà dei cristiani rimasti in Iraq, non ci sono dati precisi, ma la Chiesa parla 300, 400, 500.000 persone in tutto il Paese rispetto agli oltre 1,5 milioni prima del 2003". E a Erbil fervono i preparativi, dalla sicurezza alle "bandiere del Vaticano" che sventolano. "Il problema - continua - è che a causa della pandemia di coronavirus sarà ridotto il numero di persone che potrà partecipare alla messa, già tutte registrate, altrimenti non si può andare".

Michael, che racconta di essere stato lui stesso costretto tanti anni fa ad abbandonare Baghdad, ricorda le sofferenze degli iracheni, dei cristiani, degli anni passati, "la guerra, al-Qaeda, Daesh (o Isis), i cristiani costretti a lasciare le case, le città", a fare i conti con la "distruzione". Il governo di Baghdad ha annunciato nel dicembre del 2017 la "vittoria" sull'Isis. E Michael racconta di come Upp abbia lavorato con altre organizzazioni umanitarie per aiutare chi "ha sofferto durante quel periodo, per dare loro un po' di speranza", per ricostruire dalle macerie e per ricostruire "anche la pace". Di come Upp lavori per "la coesione sociale, la costruzione della pace, anche tramite i vari partner locali attivi in tutto l'Iraq, per tutti gli iracheni, sia per il popolo che ha sofferto per la guerra che per le minoranze".

Michael si sente prima di tutto "iracheno" e rimarca che "c'è sempre speranza". "Un Iraq per tutti gli iracheni", un Iraq da cui anche oggi è arrivata notizia di una pioggia di razzi contro una base aerea usata dalle forze internazionali e dove anche nei giorni scorsi si sono registrate proteste, e scontri finiti nel sangue, a Nassiriya.

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