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India: Udwin, mio film su stupri per dire che paese leader mondo/Adnkronos

16 marzo 2015 | 15.35
LETTURA: 4 minuti

“Non ho deciso di fare un documentario sullo stupro di gruppo, ho deciso di fare un documentario come debito di riconoscenza alle proteste che hanno risposto a quello stupro di gruppo”. Così Leslee Udwin, la regista britannica del documentario - vietato in India - sullo stupro di gruppo di una studentessa 23enne nel 2012, spiega all’Adnkronos il motivo per cui ha girato il film

Leslee Udwin
Leslee Udwin

“Non ho deciso di fare un documentario sullo stupro di gruppo, ho deciso di fare un documentario come debito di riconoscenza alle proteste che hanno risposto a quello stupro di gruppo”. Così Leslee Udwin, la regista britannica del documentario "India's Daughter" sullo stupro di gruppo di una studentessa 23enne nel dicembre del 2012, spiega all’Adnkronos il motivo per cui ha girato il film, vietato in India, ribadendo anche il suo appello al premier indiano, Narendra Modi, di consentire che venga trasmesso nel Paese.

“Mi avrebbero dovuto chiamare e chiedere di vedere il film - spiega la regista da New York, dove il suo documentario è già stato proiettato - Se l'avessero visto non lo avrebbero vietato, ne sono sicura. E adesso che l'hanno vietato come possono tornare indietro? Non ho fatto questo documentario per puntare il dito contro l'India, ma, al contrario, per dire al mondo guardate l'India, sta guidando il mondo, la sua gente si è fatta avanti”.

Dopo avere visto le proteste che “con tanto coraggio, passione e determinazione” hanno animato l’India dopo lo stupro del 2012, racconta la regista – che ha anche voluto esprimere la sua "gratitudine" a Ketan Dixit, l'attivista che ha proiettato il film nella baraccopoli dove vivevano gli aggressori della vittima - “ho pensato che se queste persone potevano fare questo per così tanto, allora anche io dovevo dare la mia energia ed il mio talento per realizzare un film che rendesse queste voci più forti. E’ per questo che l’ho fatto”.

L'ambasciatrice dell'organizzazione umanitaria Plan International (www.plan-italia.org), che da 75 anni combatte contro ogni violenza sui bambini e soprattutto sulle ragazze, oltre a raccontare i "tanti momenti toccanti e duri" non riesce a dimenticare il “più agghiacciante”, quando ha intervistato un uomo che aveva stuprato una bambina di cinque anni.

Dopo avergli chiesto quanto fosse alta la piccola, ricorda, l’uomo “si è alzato e ha messo la sua mano all'altezza del ginocchio. Per me è stato probabilmente il momento più agghiacciante di sempre. Non aveva rimorsi" e "ha raccontato tutto nei minimi dettagli".

Ma l'India sta facendo abbastanza per contrastare gli stupri sulle donne? "Se stessero facendo abbastanza - risponde - avrebbero accolto questo film, avrebbero dovuto accettarlo. Questo film è come uno specchio su tutto quello che il premier Narendra Modi ha detto sulla questione, ma vietare un documentario è dire esattamente il contrario”.

L’appello che la regista rivolge a Modi è quindi di accettare e proiettare il film, “per favore tolga il divieto. Utilizzi questo film per cambiare le cose per le donne in tutto il mondo”.

Un messaggio che Udwin lancia anche al resto del mondo: “Usare questo film in ogni modo possibile. Spetta ad ognuno di noi dire: ‘Rifiutiamo di vivere in un mondo dove a tutte queste manifestazioni del cancro della disuguaglianza di genere è consentito proliferare’”, ricordando anche che “il fatto che le donne rappresentino solo il 9% nei governi nel mondo è vergognoso”.

“Mi piacerebbe molto venire in Italia a promuovere il documentario - racconta poi la regista - E’ stato comprato dalla Rai e a giugno verrà trasmesso. Alla fine del video ci sono statistiche di alcuni Paesi nel mondo, non quella in Italia, ma non perché non ci sia il problema” ma perché non era possibile mettere tutti i Paesi.

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