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Lavoro: tra sfoghi e ramanzine 10 frasi bandite per i capi

07 gennaio 2015 | 14.11
LETTURA: 5 minuti

Da Hays decalogo per mantenere i nervi saldi e non compromettere la leadership.

Lavoro: tra sfoghi e ramanzine 10 frasi bandite per i capi

Spesso lavorare in un ufficio può essere stressante, soprattutto se si ricopre un ruolo di responsabilità e i ritmi di lavoro sono tutt’altro che leggeri: ci sono scadenze da rispettare, obiettivi da raggiungere e progetti da seguire. Ecco che allora, a causa di nervosismo, ansia, frustrazione o semplice stanchezza, anche i capi più calmi e accomodanti possono perdere le staffe, pronunciando frasi dall’effetto davvero devastante per se stessi e per il morale (e quindi la produttività) dei propri collaboratori.

Per aiutare quei manager che, quando la pressione sale si lasciano sfuggire espressioni poco piacevoli, il gruppo Hays ha stilato una classifica con le 10 frasi che un professionista non dovrebbe mai pronunciare in ufficio.

“Avere un ruolo di responsabilità professionale - afferma Sofia Cortesi, financial director Hays Italia - è una sfida allo stesso tempo impegnativa e insidiosa. Bisogna essere in grado di sapersi destreggiare tra deadline fiscali e di reporting, i creditori, meeting, senza dimenticare la gestione dei fornitori e il rapporto con colleghi, dipendenti e superiori. Nelle giornate più difficili può capitare di perdere un po’ di autocontrollo e lasciarsi andare a rabbia e frustrazione. Tuttavia, quando si ricoprono posizioni di rilievo, pronunciare frasi inappropriate può minare la performance aziendale. E, cosa ben peggiore, compromettere la leadership di chi le pronuncia”.

Un capo rappresenta l’azienda e soprattutto in questo periodo dovrebbe essere in grado di mantenere calma e professionalità. Ma quali sono le frasi che un capo non dovrebbe assolutamente pronunciare? Ecco il decalogo stilato da Hays.

1 - “Non voglio sentire lamentele” - Un vero capo deve saper captare i malumori del proprio team e dare il giusto valore a critiche e commenti negativi. Anche di fronte a problemi, che di fatto non potranno essere risolti, lasciare che un collaboratore si sfoghi è utile perché permette di instaurare un rapporto fondato sull’ascolto e sulla comunicazione.

2 - “Fai come ti dico altrimenti...” - Le minacce sono dannose e gli imperativi inutili. Non servono né a rafforzare la lealtà del proprio team, né a migliorarne le prestazioni. “I capi più saggi - commenta Cortesi - cercano di ispirare e di insegnare, evitando di spaventare attraverso un costante clima di terrore”.

3 - “Ho fatto io il lavoro al posto tuo ieri sera. E tu dov’eri?” - Fare pressioni sulla presenza in ufficio è un modo sicuro per creare frustrazione e malumore. Un manager che lavora sette giorni a settimana non può pretendere che i suoi dipendenti facciano altrettanto.

4 - “Ho sentito dire che...” - Mai lasciarsi andare ai pettegolezzi da ufficio. Soprattutto quando si occupa una posizione di peso all’interno della scala gerarchica: se è vero, infatti, che un’indiscrezione può aiutare ad entrare in confidenza, è altrettanto vero che, provenendo dall’alto, può incoraggiare il proprio team a condividerla. E, se la notizia dovesse poi rivelarsi priva di fondamento, i danni alla credibilità del capo potrebbero essere irreparabili.

5 - “Questo cliente mi fa impazzire” - Il rapporto con i clienti spesso può essere difficile da gestire. Tra richieste formulate in maniera confusa e urgenze da risolvere in pochi minuti, può capitare di perdere la pazienza e pronunciare frasi pungenti. Non c’è niente di più sbagliato! Il capo deve, infatti, essere un punto di riferimento, una figura in grado di ispirare i comportamenti delle proprie risorse nella relazione day-by-day con i clienti. Anche in quelle più complicate.

6 - “Non ce la faremo mai!” - In ufficio deadline fa spesso rima con ansia! È in questi momenti che un capo deve mostrare sangue freddo anche se è la scadenza per la consegna di un progetto si fa sempre più serrata. Complice la tensione, è facile lasciarsi prendere dallo sconforto. Tuttavia, un capo deve evitare di riversare ansia e frustrazione sul suo team, incoraggiando sempre i propri dipendenti a dare il massimo, organizzandosi per rispettare le scadenze.

7 - “Tra tutti, sei sempre il migliore” - Guai ad elogiare sempre gli stessi, confinando gli altri nell’oblio, soprattutto in riunioni plenarie o di fronte ad altri. “Il rischio che si corre - continua Cortesi - è quello di creare una divisione nel proprio team: da una parte i primi della classe e dall’altra le riserve”. Ogni collaboratore valido deve sentirsi apprezzato dal management.

8 - “Abbiamo sempre fatto così” - Questa affermazione è il modo migliore per soffocare la creatività del proprio team. Molto meglio chiedere pareri e opinioni su che cosa è meglio secondo tutta la squadra di lavoro. “Ovvio che la decisione finale spetta al capo - afferma Cortesi - ma condividere un processo decisionale serve per incoraggiare i professionisti a trovare soluzioni creative. E li fa sentire parte importanti di una squadra”.

9 - “È tutta colpa tua!” - Oneri e onori, vittorie e fallimenti. In ufficio si condivide (quasi) tutto. Non è giusto far pesare sul singolo collaboratore un insuccesso lavorativo. Bisogna parlarne con calma cercando di capire come evitare che una situazione del genere si ripeta in futuro.

10 - “Sei il peggiore con cui mi sia mai capitato di lavorare!” - Rabbia, insulti, frecciate feriscono un dipendente. “Il vero capo - conclude Cortesi - dovrebbe comportarsi con educazione e professionalità. È assolutamente inaccettabile per un manager insultare o umiliare un collaboratore perché ne minerebbe la motivazione e il coinvolgimento al successo aziendale. E, se proprio si vuole fare una ‘lavata di capo’, meglio fargli presente quali sono gli aspetti del suo lavoro da migliorare e perfezionare”.

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