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Cossiga, Parisi: "Dissenso aspro, ma mai messo in dubbio amicizia"

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16 agosto 2020 | 14.21
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"Ci mancherà. Di fronte allo svolgersi infinito della nostra commedia politica, come tutti gli italiani ci eravamo ormai abituati a cercare i suoi commenti pubblici, la sua libertà, le sue trasgressioni, le sue provocazioni, le sue invenzioni, le sue rivelazioni. E a questa assenza ci avevano già introdotto questi lunghi mesi di silenzio nei quali abbiamo sospettato che ci avesse già lasciato senza avvisarci. Mancherà ancor più a quanti, conoscendolo da sempre, cercavano traccia delle sue visioni e dei suoi disegni anche negli anni nei quali altri preferivano immaginarlo a giocare in vestaglia con i suoi balocchi infantili. Mancherà a me". Queste sono le parole con cui Arturo Parisi salutò dieci anni fa Francesco Cossiga, scrivendo un articolo su La Nuova Sardegna, in occasione del funerale. Contattato dall'Adnkronos, Parisi spiega che ancora oggi non cambierebbe una parola di quell'articolo.

"Quante cose mi restavano ancora da dirgli! Sicuro come in tutti questi sedici anni postdemocristiani, che il dissenso tra noi talvolta anche aspro e profondo non avrebbe mai messo in causa l’amicizia. E tuttavia dispiaciuto, che partito come rivoluzionario fosse tornato conservatore, dispiaciuto di non poter condividere con lui la costruzione di una Repubblica nuova, con lui che più di ogni altro aveva partecipato col suo piccone alla distruzione della prima. Fu così che l’Ulivo che per molti ha rappresentato il segno della nostra speranza fu con lui il segno della nostra discordia. Quante cose mi restava da dirgli, di quante cose mi avrebbe fatto ancora piacere discutere e bisticciare. Ad esempio del libro che Andrea Cangini gli ha strappato 'indirizzando sapientemente' le sue tentazioni a cominciare da quel 'Fotti il potere' il volgarissimo titolo di un libro da lui firmato che non lo rappresenta e men che mai come suo ultimo libro", prosegue Parisi.

"In una società abituata ad associare l’intelligenza, e ancor più l’intelligenza politica alla malizia e al cinismo capita spesso che i leader politici cedano alla tentazione di nascondere la propria umanità per paura che essa venga confusa con la debolezza. Vero per tutti. Figuriamoci per chi dovesse ispirarsi al 'megliu lu malu chi lumaccu' della antica cultura sassarese. Di quante cose! Siamo invece qua a sfogliare mentalmente ognuno nel proprio album dei ricordi le foto dei nostri incontri con Francesco. Anche il mio album dei ricordi ne e’ pieno: la parrocchia, la Sacro Cuore, l’associazione della Gioventù cattolica di San Giuseppe, l’Università, Palazzo Chigi, fino al Ministero della Difesa, forse il ministero più amato e tuttavia mai da lui formalmente guidato".

"La prima immagine nitida di lui resta tuttavia la prima. Non quella di me ancora infante sulle sue ginocchia di ragazzo come a lungo gli ho lasciato dire, ma una che descrive il mio primo contatto con la politica, e, aggiungo, nella sua dimensione istituzionale, quella che Cossiga predilesse per tutta la vita, e che poi fu a lungo il riferimento dei miei studi accademici".

"La ricordo come se fosse oggi. Era il 18 aprile 1948, esattamente il giorno delle elezioni. Io bambino, invisibile, seduto sul bordo del marciapiede, dietro la chiesa e avanti alla sua casa, e un ragazzo che spiega, 'un ragazzo che spiega' al 'dottor' non don Masia – questo era infatti il titolo col quale chiamavamo a Sassari i sacerdoti laureati in teologia – che ad aver torto era il maresciallo dei carabinieri, passato da poco, perché la targa dei Comitati Civici non era pubblicita’ elettorale e, nel rispetto dei regolamenti, poteva quindi stare dov’era, nonostante la distanza ridotta dai seggi delle Scuole Elementari", continua.

"Fu in quell’occasione che accanto al parroco, unica autorità da me conosciuta, vidi segnalarsi per autorevolezza una figura nuova. Quel ragazzo era Francesco Cossiga. Lo stesso ragazzo dal quale prendiamo oggi congedo raccomandandolo ai 'santi di Dio, e agli angeli del Signore' perché accolgano la sua anima e la presentino al trono dell’Altissimo, nell’attesa della Resurrezione. Ciao Francè. Avvidezzi", così conclude l'articolo Parisi.

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