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Ricerca: l'Ino-Cnr crea nuove particelle di luce, avanti su computer futuro

01 marzo 2016 | 14.43
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Fotoni ultracorti (Foto INO-CNR)
Fotoni ultracorti (Foto INO-CNR)

Prodotto nei laboratori dell’Istituto nazionale di ottica del Consiglio nazionale delle ricerche (Ino-Cnr) un tipo di luce dalle caratteristiche totalmente nuove e di grande interesse per le tecnologie quantistiche del futuro. Una scoperta che fa compiere nuovi passi avanti verso i computer del futuro, macchine che potrebbero risolvere velocemente problemi oggi inavvicinabili anche per gli attuali più potenti calcolatori. Lo studio nasce da una collaborazione italo-brasiliana coordinata dai ricercatori italiani dell'Ino-Cnr Marco Bellini e Alessandro Zavatta ed i risultati sono stati pubblicati sulla rivista "Physical Review Letters".

"La luce, a differenza della materia, interagisce solo debolmente con l’ambiente e, in determinate circostanze, può quindi propagarsi senza perdite su lunghissime distanze. Per questo motivo è da sempre utilizzata per trasmettere informazioni, ad esempio sotto forma di immagini o di segnali" spiega Zavatta. "Questa scarsa capacità di interazione è però un’arma a doppio taglio -avverte il ricercatore- quando si vogliono utilizzare singoli fotoni, cioè le particelle elementari della luce, per alcune nuove tecnologie".

"Se da un lato infatti i fotoni sono ottimi portatori di informazione, capaci cioè di trasmetterla in modo accurato e immune da ogni intercettazione, dall’altro -evidenzia Zavatta- risultano particolarmente inadatti alla sua elaborazione e memorizzazione". Una soluzione a questo problema, continua lo scienziato, "consiste nell’utilizzare la luce per trasmettere l’informazione e impiegare invece la materia, sotto forma di nubi di atomi, per manipolarla e memorizzarla. Perché singoli fotoni e atomi 'si parlino' in modo efficiente, però, è necessario che la luce abbia un ben determinato colore, esattamente corrispondente a quello assorbito dagli atomi".

Per questo motivo, continua ancora Zavatta, "molti laboratori nel mondo stanno facendo a gara per produrre singoli fotoni estremamente monocromatici, affinché interagiscano al meglio con memorie atomiche". "Nei nostri laboratori -sottolinea quindi Marco Bellini- abbiamo appena dimostrato che questa non è l’unica strada possibile". "Singoli fotoni 'multicolori' di durata brevissima, meno di un milionesimo di milionesimo di secondo, -dice il ricercatore- possono anch’essi interagire fortemente e inaspettatamente con gli atomi. L'interazione provoca una profonda deformazione dei fotoni stessi che, inizialmente contenuti in un impulso estremamente breve e dalla forma regolare, si 'allungano' nel tempo ed assumono infine una forma caratteristica a molte 'gobbe', detta 'ad area nulla'".

Un passo che secondo i ricercatori è di grande interesse rispetto le possibili applicazioni verso le tecnologie quantistiche del futuro. "Fin dai primi esperimenti di Marconi con le onde radio, si modula nel tempo l’ampiezza dei campi elettromagnetici per trasmettere segnali. Poterlo fare adesso con singoli fotoni -rimarca Bellini- consentirà di scambiare informazioni in modo più efficiente ed assolutamente sicuro, al riparo cioè da qualsiasi intercettazione".

Inoltre, aggiunge il ricercatore, "dimostrando per la prima volta la possibilità di questa 'breve ma intensa' interazione con la materia, i nostri esperimenti aprono la strada all’elaborazione e immagazzinamento di quelle stesse informazioni in memorie atomiche innovative". "Questi -osserva- sono gli elementi essenziali di un computer quantistico del futuro che potrebbe risolvere in modo rapido problemi inavvicinabili anche per i più potenti calcolatori attualmente in circolazione".

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