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Fase 2? Psicologi: "Sindrome guardiano del faro in agguato"

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04 maggio 2020 | 14.54
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Parte la fase 2, la vita lentamente si rimette in moto, ma fuori da casa non c'è più ciò che avevamo lasciato due mesi fa ma una realtà diversa e per tutti nuova. E su molti italiani è in agguato la "'sindrome del guardiano del faro', quel personaggio un po' romanzato, che vive per mesi isolato dal mondo, non più abituato a relazioni sociali e capace di controllare tutto dal suo punto di osservazione". Ecco, "ora siamo diventati tutti guardiani del faro che - spiega all'Adnkronos Salute David Lazzari, presidente nazionale dell'Ordine degli psicologi - una volta usciti dall'isolamento sono combattuti tra il desiderio di libertà e di ritrovare i propri contatti e la paura del 'fuori', un 'fuori' diverso perché minacciato da un virus".

"Molte persone - osserva Lazzari - hanno vissuto la permanenza in casa come una reclusione anziché come una protezione. Ci siamo abituati a stare in casa perché l'uomo si adatta a tutto, isolamento compreso, e adesso riuscire fa paura, ci crea ansia e angoscia rispetto al messaggio che ci viene dato, cioè che fuori c'è un virus. E quello che prima era il quotidiano oggi ci appare estraneo e minaccioso, dunque ci sentiamo più fragili e diffidenti verso gli altri che rappresentano comunque una potenziale minaccia di contagio".

Da qui la 'sindrome del guardiano del faro'. Come superarla? "Quello che può proteggerci - afferma lo psicologo - è trovare dentro di noi un senso di equilibrio. Dobbiamo sviluppare una capacità di controllo nelle diverse situazioni in maniera nuova, in quanto ci viene chiesto di comportarci e relazionarci con un atteggiamento nuovo, diverso dal passato. Perché - argomenta l'esperto - non si è chiusa una parentesi e si torna al 'tutto come prima', se così fosse sarebbe tutto molto più facile. Questa situazione diversa ci fa paura e ci chiede di riorganizzarci mentalmente".

"A livello psicologico e cerebrale - spiega il presidente dell'Ordine degli psicologi - noi abbiamo degli schemi prefissati, abitudinari con cui facciamo le cose. Ora questi non valgono più, perché altrimenti rifaremmo le cose che facevamo prima, a partire banalmente dal dare la mano alle persone che incontriamo. Adesso bisogna modificare questi procedimenti, proprio come una persona che ha avuto un incidente e deve reimparare a fare cose che prima faceva automaticamente. O come quando impariamo a guidare la macchina", quando "stiamo attenti a ogni manovra, andiamo piano, ma una volta presa la mano guidiamo quasi automaticamente. Ecco, è come se fossimo tornati tutti neofiti, principianti rispetto alla vita", a una vita che ha cambiato le sue regole.

"Noi psicologi nella fase del lockdown - fa un passo indietro Lazzari -abbiamo molto insistito sull'importanza di trasformare questo tempo perso in tempo ritrovato. Finora abbiamo vissuto immersi in ritmi frenetici che ci hanno impedito di stare a contatto con noi stessi, ci hanno un po' estraniato da noi stessi. Questa emergenza è stata una grande opportunità, ci ha riconsegnato ritmi e tempi umani, ci ha fatto fare un'esperienza unica, ci ha fatto ritrovare i rapporti umani, la solidarietà, una maggiore consapevolezza e tanto altro che dovremmo portarci dietro come un bagaglio prezioso".

Dunque "da quella sensazione di tempo 'sospeso' , sperando che sia stato tempo 'ritrovato' - conclude il presidente Cnop (Consiglio nazionale Ordine psicologi) - dobbiamo passare a sentire un tempo 'diverso', che dobbiamo imparare a vivere riorganizzandoci psicologicamente , e non solo, e creando nuove abitudini e nuovi comportamenti. La sfida ora è questa".

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