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La ripartenza del Marsala passa dal nuovo consorzio e dalla Doc Sicilia

25 luglio 2022 | 08.56
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Intervista a Benedetto Renda, presidente delle Cantine Pellegrino, realtà viticola del territorio che si prepara a celebrare i 250 anni del vino “inventato” da John Woodhouse

Benedetto Renda e il Marsala - Foto di Giovanni Caldara<br>
Benedetto Renda e il Marsala - Foto di Giovanni Caldara

L’anno prossimo saranno 250 anni. E il Marsala merita una gran festa secondo Benedetto Renda, presidente delle Cantine Pellegrino, una delle aziende vitivinicole storiche del territorio.

L’anno di nascita del vino dallo stile ossidativo è il 1773, quando una tempesta obbligò John Woodhouse, ricco e famoso mercante di Liverpool, ad approdare con la sua nave nel porto di Marsala, invece che a Mazara del Vallo. Qui Woodhouse, insieme al suo equipaggio, ebbe modo di assaggiare il Perpetum, un vino locale simile al Madeira e al Porto, tanto apprezzati dagli inglesi. Così decise di acquistare una grossa scorta di quel vino da vendere in Inghilterra. A quel tempo tuttavia il trasporto via mare comportava grossi problemi di conservazione. Da qui l’idea di aggiungere una quantità di alcol alle botti, aumentando così la gradazione alcolica e garantendone la conservazione fino a destinazione. L’idea funzionò e tutte le botti furono vendute in pochi giorni, tanto da convincere Woodhouse a tornare definitivamente in Sicilia per sviluppare una nuova attività: quella di produzione di Marsala “conciato”, ovvero con aggiunta di mistella.

Questo il passato prestigioso, che fatto la fortuna dei marsalesi che all’epoca misero su più di duecento bagli - i luoghi di vinificazione delle uve - per far fronte alla richiesta italiana ed estera. Oggi la situazione è ben diversa: di Marsala se ne produce molto meno, prende la strada della grande distribuzione e anche quella dell’industria alimentare e di rado quella dell’Horeca.

Eppure un bicentenario e mezzo chiede un ripensamento di strategie per ridare a questo vino un posto degno nel panorama enologico mondiale. In Cantine Pellegrino il Marsala - in tutte le sue varianti - occupa quasi il venti per cento in valore del fatturato complessivo. Il motivo per cui si continua a produrlo - dice Renda - è perché negli ultimi 10/15 anni non ha mai conosciuto un declino: “Quattro anni fa - racconta il presidente - lanciammo “Marsala Revolution” , un nuovo modo di vivere questo vino che guardava soprattutto ai più giovani e al mondo della mixologist. Per questa ragione rivoluzionammo il packaging e il messaggio. Volevamo rendere contemporaneo un prodotto che veniva dal passato. Ci bloccammo però sul terreno delle vendite: il mondo della notte è diverso da quello della ristorazione e sono diversi gli agenti che vanno in giro a vendere il prodotto. Abbiamo provato ad avere contatti con la Compagnia dei Caraibi (società SPA attiva nell’importazione e distribuzione di spirits e soft drinks provenienti da ogni parte del mondo, ndr) ma non sono andati a buon fine, perché dopo un’indagine, loro stessi hanno ritenuto la sfida commercialmente difficile”.

Benedetto Renda e il Marsala - Foto di Giovanni Caldara

Dunque il mondo della mixologist non sembra essere il canale adeguato per il rilancio del Marsala: “Ma non disperiamo - continua Renda - altre prospettive ci sono all’orizzonte”. Il numero uno di Pellegrino fa riferimento in particolare alla volontà di ricostituire il Consorzio di Tutela del Vino Marsala - sparito dalle liste ministeriali nel 2016 - grazie alla riapertura di un dialogo con un altro nome storico del Marsalese, le Cantine Florio: “Con il nuovo direttore generale Giacomo Tarquini è stato possibile riprendere una conversazione a lungo interrotta. Certo, un consorzio non può essere fatto da due sole cantine - sebbene rappresentino una grossa quota di produzione - e quindi è importante ora concentrarsi sulla tessitura delle relazioni, cantine cooperative comprese, a patto che queste garantiscano l’intero processo di filiera produttiva e smettano di ragionare solo come luoghi di trasformazione”.

L’anno che verrà sarà non solo un momento di celebrazione, ma anche di riflessione. Servono divulgatori, soprattutto per far viaggiare il messaggio all’estero: “Ma lei lo sa - sottolinea l’imprenditore - che la California è piena di bottiglie targate Marsala? Ma senza un consorzio come facciamo a tutelare il nome, per giunta in un paese extra Ue? La soluzione ci sarebbe, far rientrare il Marsala nella Doc Sicilia e avere in etichetta un brand forte come quello della nostra isola. Anche qui un dialogo con la presidenza della Doc Sicilia è aperto. Antonio Rallo (presidente Doc Sicilia, ndr) è ben predisposto a continuare il confronto, anche se siamo davvero alle prime battute”.
Adnkronos - Vendemmie

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