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Crisi governo

Conte punta a quota 158, la strategia del premier

17 gennaio 2021 | 16.12
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Obiettivo è mostrare che Italia Viva non è decisiva. La speranza è che il partito renziano si spacchi e che altri abbandonino la scialuppa per tornare al Pd

Afp
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Una strategia rischiosa, da giocatori d'azzardo. Domani il voto alla Camera, poi quello più scivoloso di martedì a Palazzo Madama. Al Senato l'obiettivo è arrivare a 158 voti favorevoli, così da dimostrare "che Iv non è determinante e anche se avesse votato contro non sarebbe cambiato nulla". Ma soprattutto la speranza è che il partito renziano si spacchi e che, come Vito De Filippo ieri, altri abbandonino la scialuppa renziana per tornare al Pd. E che i centristi, che ieri hanno sbattuto la porta, possano tornare a vacillare. Oltre a qualche assenza nelle file di Fi, salvifiche per abbassare il quorum. E' questa, al momento, la strategia su cui puntano Giuseppe Conte e i suoi fedelissimi, certi che nessuno, in realtà, sia desideroso di tornare al voto.

Di fatto, una strategia di respiro corto, "sembra un sudoku - sbuffa un ministro M5S- nelle commissioni era già caos a Palazzo Madama con Iv in maggioranza, figuriamoci ora quel che potrebbe accadere...". Venerdì la situazione sembrava a un passo dalla soluzione, poi sabato è saltato il banco. A farlo deflagrare, racconta all'Adnkronos uno degli uomini in prima linea nelle trattative, una telefonata di uno dei fedelissimi del premier, di stanza a Palazzo Chigi, al presidente dell'Udc Lorenzo Cesa, una chiamata in cui "si giocava a ribasso - spiega la stessa fonte - invitando i centristi ad entrare nel Conte bis alle stesse condizioni, accontentarsi delle caselle rimaste vacanti e andare avanti".

Le trattative si son fermate lì, e chi racconta l'accaduto è pronto a scommettere che non riprenderanno, "ormai è un binario morto". Ma un governo di minoranza ora fa paura, soprattutto in una fase delicata come quella che stiamo vivendo "senza contare che l'opposizione salirà sulle barricate chiedendo la testa di Conte un minuto sì e l'altro pure". A 24 ore dalle dichiarazioni del premier alla Camera la situazione è di stallo totale.

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