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Covid carceri, Garante: 54.894 detenuti per 47.187 posti, necessario ridurre i numeri

03 novembre 2020 | 16.52
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Il numero dei positivi al coronavirus tra i detenuti è "più che raddoppiato" in sei giorni

(Fotogramma)
(Fotogramma)

"Le 54.894 persone oggi detenute sono attualmente ristrette nei 47.187 posti realmente disponibili. Al di là di ogni dissertazione sull’ampiezza del parametro che l’Italia utilizza per il calcolo dei posti, resta innegabile la necessità di ridurre il numero delle presenze: necessità in sé, acuita oggi dal problema dell’emergenza sanitaria". E' quanto sottolinea Mauro Palma, garante nazionale per i diritti dei detenuti nel bollettino di oggi.

Il rischio del contagio in carcere "come sempre ripetuto, va assolutamente contenuto anche attraverso la possibilità di diminuire il numero di presenze con la dovuta sollecitudine. Ciò - spiega il garante - al fine di realizzare quella minore densità di popolazione che oggi è richiesta e poter disporre di un numero di posti adeguati anche nell’ipotesi di una espansione del contagio".

Il numero dei positivi al covid tra i detenuti nelle carceri italiane è "più che raddoppiato" in sei giorni, rileva il Garante facendo riferimento ai dati contenuti nell'ultimo 'punto' sulla situazione, che risale al 28 ottobre scorso, quando i numeri riportati indicavano in 150 i contagi in cella.

"Sebbene i numeri attuali debbano tenere presente la pratica diffusa di effettuare test su larga scala laddove una persona detenuta è risultata positiva e sebbene i risultati di tali test individuino nella larghissima maggioranza dei casi positivi asintomatici, va detto che soltanto dal precedente numero de il punto a quello odierno, il numero dei positivi è più che raddoppiato", si legge nel bollettino.

La distribuzione dei casi "rimane analoga, addensandosi in sole sette situazioni con un numero a due cifre e ripartendosi in numeri piccoli in altri quarantacinque istituti (in ventisei dei quali con solo una persona positiva). Due realtà numeriche considerevoli sono comunque a Milano (San Vittore e Bollate) che funzionano come hub, medicalmente attrezzati per accogliere anche da Istituti vicini".

"Più problematiche - osserva Palma - appaiono quelle dove a partire da un singolo caso si è realizzata una rapida diffusione: è stata riportata anche dalla stampa la situazione della Casa circondariale di Alessandria, dove si è registrato il decesso di una persona e una espansione a più del 14% della complessiva popolazione detenuta (29 casi su 199 persone ristrette); quella di Terni è già stata ampiamente riportata (69 persone su 509, pari al 13,5%), così come quella relativa a un focolaio a Larino e uno a Livorno (entrambi con il 10% delle presenze)".

Ma alla pandemia e alla necessità di svuotare le carceri, di aggiunge il problema della povertà e della solitudine di molti detenuti. "Si configura una prima platea di potenziali destinatari della detenzione domiciliare (3.359) che deve però misurarsi con la gravità sociale del dato costituito dai 1.157 di essi che non ne potranno usufruire perché privi di fissa dimora", sottolinea il Garante in riferimento alle misure per le carceri contenute nel dl Ristori, che prevedono che per chi deve scontare una pena non superiore a 18 mesi può essere applicata la detenzione domiciliare con l’ausilio del braccialetto elettronico.

"Secondo dati e valutazioni elaborati dal Garante nazionale, soltanto 1.142 persone hanno un fine pena inferiore a sei mesi e non ricadono nella morsa delle preclusioni ostative, incluse quelle su base disciplinare. Coloro che invece hanno un fine pena inferiore ai diciotto mesi e che ugualmente non hanno tali preclusioni sono 2.217", riporta il bollettino.

"Con questo quadro si devono misurare i provvedimenti, ben più ristretti di quelli auspicati dal Garante nazionale: la legge di conversione del decreto dovrà essere occasione per ricalibrarne l’ampiezza e per aprire la via anche ad altre opzioni", sollecita il garante, sottolineando "la necessità di un impegno a dialogare rapidamente con il territorio, in particolare con i Comuni" per garantire l'accesso alle misure anche per chi non ha un domicilio. Il Garante "ritiene che proprio a partire da questo particolare momento, debbano trovarsi gli strumenti adeguati per superare quella condizione sociale di inesistenza di una dimora che altrimenti rischia di determinare una ingiustizia nei confronti delle fasce più deboli e di rendere ben più ristretto l’accesso alle nuove previsioni normative per un numero consistente di persone".

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