
"Nasce in genere intorno ai 3 anni, raggiunge un picco di frequenza verso i 7 e tende a scomparire verso i 12 anni, quando la vita sociale diventa più attiva e autonoma"
Un dialogo fitto, le risate e il gioco, ma accanto il bambino non c'è nessuno. E' il legame che può creare il piccolo con un amico immaginario. Un fenomeno comune non facile da quantificare ma che "studi condotti in diverse culture stimano che quasi la metà dei bambini abbia un amico immaginario. Nasce in genere intorno ai 3 anni, raggiunge un picco di frequenza verso i 7 e tende a scomparire verso i 12 anni, quando la vita sociale diventa più attiva e autonoma". Lo sottolinea il focus degli esperti del sito anti-bufale 'Dottore ma è vero che...?', della Fnomceo (Federazione italiana degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri), che risponde ad una serie domande dei genitori alle prese con l'amico immaginario dei figli.
È sano per un bambino avere un amico immaginario? "Inventare un amico immaginario, chiacchierarci, raccontargli segreti o persino litigarci: nei bambini in età prescolare (tra i 2 e i 6 anni) è un fenomeno molto diffuso che non deve preoccupare. I genitori, tuttavia, si pongono domande sul misterioso 'ospite invisibile'. Potrebbe diventare un problema? Quale sarà l’impatto sulla crescita emotiva e cognitiva di nostro figlio? - sottolineano gli esperti - Gli psicologi rassicurano: l’amico immaginario è una tappa naturale della crescita e, in molti casi, uno stimolo allo sviluppo del linguaggio e dell’autonomia. Imparare a osservare e condividere questa relazione speciale aiuta a vivere con serenità una fase che, nella maggior parte dei casi, è transitoria e positiva".
Qual è, dunque, la funzione degli amici immaginari? "Gli amici immaginari svolgono funzioni complesse nello sviluppo infantile. Possono aiutare a combattere la solitudine, essendo sempre disponibili, in particolare per i figli unici. Permettono - rispondono gli specialisti - inoltre di sperimentare ruoli e situazioni nuove in un contesto sicuro, aiutando a esprimere emozioni difficili, elaborare paure e raccontare esperienze senza sentirsi giudicati. Possono trasformarsi in protettori, complici o persino antagonisti quando il bambino ha bisogno di sfogarsi (o litigare). Attraverso il gioco con i compagni immaginari, i più piccoli sperimentano la condivisione, creano regole e modi per risolvere problemi e sviluppano l’autonomia dai 'grandi'. Per esempio, è molto comune notare il coinvolgimento del companion nelle attività quotidiane: imitare la condivisione dei pasti, di un libro, dei vestiti, di un giocattolo".
Ma quando diventa un problema? "La relazione con l’amico immaginario merita attenzione se il bambino: cambia improvvisamente atteggiamenti e tratti del carattere; gestisce in modo insolito ansia, paura, rabbia; inizia ad aver paura dell’amico invisibile; riferisce che il suo amico lo invita a comportamenti pericolosi o vietati; ha disturbi del sonno o dell’appetito; rifiuta le amicizie reali - avvertono - In questi casi è consigliabile rivolgersi al pediatra o a uno psicologo, che sapranno valutare la situazione e capire se l’amico immaginario ha un ruolo nel disagio. Infine, è importante ricordare che non avere un amico immaginario è altrettanto normale e non indica alcun problema nello sviluppo".