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Campiello, Remo Rapino al lavoro per il suo terzo romanzo

06 settembre 2020 | 12.52
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Il titolo provvisorio del nuovo lavoro del vincitore del Premio è "Cronache di Scarciafratta", paese immaginario del Sud

Campiello, Remo Rapino al lavoro per il suo terzo romanzo

di Paolo Martini
Remo Rapino, fresco vincitore della 58esima edizione del Premio Campiello con "Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio" (minimum fax), è già al lavoro per scrivere il suo terzo romanzo. "Ho vinto inaspettatamente con il secondo romanzo, ma io mi considero un esordiente", ammette lo scrittore abruzzese, 69 anni, residente a Lanciano (Chieti), ex professore di filosofia nei licei, all'indomani del trionfo al riconoscimento letterario veneziano.

"Sto lavorando a un nuovo romanzo, ma con molte difficoltà - confessa Rapino all'AdnKronos -. Sto pensando di raccontare una storia con diversi personaggi inventati sullo sfondo di fatti veri, ispirati ai ricordi. Vorrei ambientare il mio prossimo romanzo in un paese che vorrei che fosse una specie di 'Macondo' italiana", quasi un omaggio al grande scrittore colombiano Gabriel Garcia Marquez, autore del capolavoro "Cent'anni di solitudine".

Il terzo romanzo, nelle intenzioni dell'autore, dovrebbe intitolarsi "Cronache di Scarciafratta", un paese "più o meno" nel Sud d'Italia "completamente inventato, abitato da persone strane". "Il nome del paese immaginario l'ho preso in prestito da un mio amico di infanzia, poverissimo, soprannominato Scarciafratta", rivela Rapino.

Intanto, il giorno dopo la vittoria del Campiello, conquistata battendo a sorpresa il favorito di gran fama Francesco Guccini, Remo Rapino si sofferma su "Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio", dove compare il matto che "riesce a comprendere il mondo", e che potrebbe diventare anche il soggetto di un prossimo film, stando ad alcune prime attenzioni del mondo cinematografico.

"Bonfiglio Liborio raccontando se stesso racconta quasi un secolo di storia, dal 1926 al 2010 - spiega Rapino - E lo racconta da una periferia esistenziale e dà voce a quelli che non hanno voce, agli emarginati, agli ultimi della fila. E' una figura che si illude, però illudendosi in un certo qual modo crea anche delle speranze. E' un po' ingenuo e molto visionario ed i suoi fantasmi lo mettono un po' a metà strada tra Don Chisciotte e Forrest Gump. E' un po' un idiota esemplare, come direbbe lo scrittore Ermanno Cavazzoni, che guarda le cose e raccontandole ci fa capire che è possibile raccontare la realtà in tanti modi e non sempre secondo i modi dominanti. In questo senso Liborio è uno che dice, come nella favola di Andersen, 'il re è nudo', e questa è forse la sua funzione: aiutarci a guardare la realtà oltre le apparenze".

"Ogni follia secondo me è un'energia interiore, che può capovolgere i codici sociali dominanti, le nostre certezze - spiega lo scrittore abruzzese - Del resto, ogni folle è un uomo pieno di entusiasmo, che ci porta a scoprire isole del mondo che noi non riusciamo a vedere nel mare della massificazione".

Il protagonista di "Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio" è "un personaggio completamente inventato, ma tutti i fatti narrati sono reali: le persone che incontra nel romanzo sono esistite davvero e da me conosciute. E le cose che accadono a Liborio sono realmente accadute ad altre persone che ho conosciuto". Durante le interviste concesse nel post Premio Campiello, Remo Rapino trova il modi di accennare anche a una sua vicenda personale, legata alla malattia contro cui ha combattuto e combatte tuttora: "Il 2017 è stato un anno molto particolare, praticamente l'ho saltato. Sono stato ricoverato al reparto di ematologia oncologica dell'ospedale Sant'Orsola di Bologna, dove sono ancora in cura. E' stato un anno terribile: sono entrato in una stanza il 3 febbraio e ne sono uscito il 23 dicembre. Il mio secondo romanzo era già pronto nel 2016 ma l'ho rivisto dopo un anno passato in ospedale". Infine una considerazione più generale Remo Rapino la consegna sulla base della sua esperienza maturata in tanti anni di insegnamento scolastico: "La filosofia mi ha insegnato che non esiste una sola verità e che serve sempre meravigliarsi di fronte alla vita. Non ho paura della morte, perché fa parte del gioco della vita. Ho paura della stupidità, dell'incomprensione, dell'intolleranza".

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