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Coronavirus, lo studio: "Forma più grave per chi si reinfetta"

13 luglio 2020 | 18.45
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Secondo l'ipotesi avanzata da un gruppo di ricercatori italiani, questo potrebbe spiegare il caso Nord Italia

(Afp)
(Afp)

Aver avuto una precedente infezione virale da Sars-Cov-2, o da ceppi diversi di coronavirus (o potenzialmente anche altri virus respiratori), potrebbe predisporre a forme più gravi di Covid-19, in caso di un successivo contagio con Sars-Cov-2. E questo potrebbe spiegare il caso Nord Italia, e lo 'tsunami' di pazienti bisognosi di terapia intensiva, e in generale le differenze tra i vari Paesi del mondo nei tassi di casi gravi e mortalità attribuibili alla pandemia di Covid-19. E' l'ipotesi avanzata da un gruppo di ricercatori italiani di varie istituzioni - dall'università di Padova all'Irccs Burlo Garofolo di Trieste - e realtà non solo nazionali ma anche britanniche, in un articolo pubblicato sul 'British Medical Journal Global Health' nella sezione 'Commentary'.

Nel testo, che ha come prima firma quella di Luca Cegolon (Unità sanitaria locale n. 2 'Marca Trevigiana', Treviso, Regione Veneto), gli esperti partono da due presupposti: il primo è che "è noto come i coronavirus umani siano in grado di causare reinfezioni respiratorie", indipendentemente dalla quella che viene definita in gergo tecnico 'immunità umorale' preesistente sia a livello individuale che di comunità; il secondo è che "esistono prove che suggeriscono che il coronavirus Sars-Cov-2 fosse in circolazione in Italia prima che il primo caso di Covid-19 fosse rilevato nel Paese", specialmente - elencano gli scienziati - in Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto.

Gli esperti ipotizzano che chi si reinfetta, dopo aver già contratto Sars-Cov-2 o altri virus/coronavirus, può probabilmente essere predisposto a forme più gravi della malattia, "secondo un meccanismo immunologico noto come 'potenziamento dipendente dall'anticorpo' (Ade), già osservato con infezioni sostenute da altri coronavirus (quelli della Mers e della Sars) o altri virus come West Nile e Dengue". "Se confermata da studi in vivo - scrivono gli autori - questa ipotesi potrebbe avere implicazioni rilevanti per il trattamento delle forme gravi di Covid-19". Ma la teoria avrebbe implicazioni (in negativo) anche rispetto alla possibilità di produrre un vaccino efficace contro Sars-Cov-2 che potrebbe rivelarsi "un percorso a ostacoli". Finora, peraltro, ricordano gli esperti, "il tentativo di produrre un vaccino contro i coronavirus umani è fallito".

Il ragionamento degli esperti fa riferimento anche all'epidemia di Covid-19 a Wuhan in Cina, dove è stata segnalata un presunto contagio associato all'ospedale nel 41% del totale dei pazienti. "Ipotizziamo che cicli ripetuti di infezione all'interno di una comunità (specialmente negli anziani) - o ancora più preoccupante in ambito sanitario - potrebbero avere il potenziale per causare forme più gravi di Covid-19, con sindrome da distress respiratorio acuto (Ards), che richiede l'ammissione in terapia intensiva". Per chiarire se questa ipotesi può spiegare i quadri più gravi di Covid-19 "serviranno più approfondite indagini epidemiologiche e immunologiche/sierologiche - concludono gli autori - Due diverse strategie potrebbero essere impiegate: in primo luogo, tutti gli operatori sanitari e i donatori di sangue dovrebbero sottoporsi a test sierologici per Covid-19 e chi presenta anticorpi Igg anti Sars-Cov-2 essere inserito in un registro ad hoc e monitorato nel tempo per il possibile sviluppo di malattie gravi sostenute da Ade". La seconda strategia possibile sarebbe quella di affidarsi allo studio di "modelli animali, che dopo un'infezione da Sars-Cov-2 vengono riesposti al virus".

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