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Trump brutalizzato in una pubblicità, ma è un sosia

21 ottobre 2019 | 16.43
LETTURA: 3 minuti

Campagna della società di abbigliamento sportivo Dhvani

Trump brutalizzato in una pubblicità, ma è un sosia

Il Presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump ben legato stile 'bondage' e brutalizzato da una donna inferocita in abiti sportivi. E' questo il soggetto dell'ultima campagna pubblicitaria dell’azienda Usa di abbigliamento sportivo Dhvani, ovviamente realizzata ricorrendo ad un sosia del Presidente statunitense. (FOTOGALLERY)

Una pubblicità che campeggia, fra l'altro, proprio al centro di New York, a Time Square, uno dei luoghi iconici della pubblicità mondiale. L’azienda di sportsweare prende così posizione contro un provvedimento anti aborto dell’amministrazione Trump, riferito alle cliniche di pianificazione familiare che ricevono fondi federali.

"E un bel caso di comunicazione provocatoria e di impegno per una causa da parte di un’azienda, di cui sottolineo il coraggio di 'giocare' con l’immagine del Comandante in capo per suscitare clamore e anche, non nascondiamocelo, per dare visibilità al marchio", commenta all'AdnKronos Davide Ciliberti, spin doctor della società di pubbliche relazioni Purple & Noise.

Sulla scelta della Dhvani, la cui campagna è partita nei giorni scorsi, più che rischi legali pesavano quelli di perdita di fatturato, rischi che però non si sono avverati: una campagna pubblicitaria così nettamente anti Trump poteva causare la reazione di non acquistarne i prodotti dell'azienda nei consumatori Usa che sostengono il Presidente in generale o che ne apprezzano in particolare le posizioni in materia di aborto.

Non a caso la Dhvani, per voce del suo amministratore delegato Avi Brown, ha dichiarato ai media americani: "Ci rendiamo conto che alcuni dei nostri clienti non saranno d'accordo con il nostro attivismo e per noi va bene. Non abbiamo paura di fare dichiarazioni audaci ed esercitare i nostri diritti contenuti nel primo emendamento". Un'audacia che è stata premiata dai consumatori, visto che secondo l'azienda le vendite sono subito aumentate.

"Non è certamente il primo caso del genere negli Usa dove il presidente Trump già più volte è divenuto oggetto di provocazione pubblicitaria. Una cosa inconcepibile probabilmente qui in Italia dove a scherzare coi politici, le istituzioni si rischia come minimo il blocco della campagna e o comunque una querela; figurarsi fossero mai la figura del nostro Primo ministro o del Presidente della Repubblica", sottolinea Ciliberti

"Le aziende da noi tendono ad essere un po’ più, mi si passi il termine 'democristiane'. Intimorite da conseguenze e soprattutto perdita di consenso e vendite. Dhavani invece qui ha messo in gioco se stessa per sposare una causa contro un potente - conclude Ciliberti - nella maniera più eclatante anche ai fini della comunicazione evidentemente".

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