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Unioni civili, diventa donna ma non divorzia: con ddl Cirinnà salta matrimonio

23 febbraio 2016 | 13.39
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Alessandra Bernaroli
Alessandra Bernaroli

Alessandra Bernaroli non ci sta e si prepara a un'altra battaglia, l'ennesima. Stavolta nel mirino è il ddl Cirinnà sulle unioni civili ormai a un passo dall'approvazione, salvo nuovi colpi di scena. Bernaroli, bolognese, 45 anni e un lavoro in banca, è la donna che ha cambiato sesso -un tempo era Alessandro- ma ha deciso di preservare il matrimonio con un'altra donna sfidando la legge. Nozze salvate a colpi di sentenze, con una lunga battaglia legale iniziata nel 2009 e finita con la pronuncia della Corte Costituzionale che ancora oggi tiene in piedi il suo matrimonio.

Ed è proprio partendo dalla pronuncia della Consulta, che la Corte di Cassazione, nell'aprile del 2015, ha sentenziato che le nozze di Bernaroli e moglie non potranno essere cancellate finché il Parlamento non avrà riconosciuto le unioni gay. "Dopo anni di battaglie, ecco la beffa - dice Bernaroli all'Adnkronos - questo provvedimento al ribasso rischia di cancellare il mio matrimonio con un colpo di spugna".

Bernaroli è sul piede di guerra. Per lei il ddl che domani approderà in Aula al Senato "è un compromesso al ribasso, una discriminazione di Stato. Si stabilisce, per legge, che gli omosessuali non hanno diritto a un legame egualitario a quello degli eterosessuali". Per questo, "darò battaglia in Italia e in Europa", e se non dovesse spuntarla "tornerò ad essere Alessandro - annuncia - sono pronta a rinunciare al mio nome pur di salvare il mio matrimonio".

Perché la grana legale inizia proprio da qui, dal cambio di nome di Alessandro, diventato Alessandra nonostante il matrimonio con un'altra donna celebrato nel 2005, con tanto di rito in Chiesa. Nel 2009 Alessandra cambia sesso e ottiene il riconoscimento del nuovo status sui documenti. Ma l’ufficio anagrafe della città in cui risiede, Bologna, annulla d’ufficio il matrimonio. Bernaroli se ne accorge solo con il rinnovo della carta di identità, così avvia la lunga battaglia legale perché, nonostante il cambio di sesso, lei e sua moglie vogliono rimanere sposate. E lo vogliono tuttora.

"Il ddl Cirinnà - denuncia Bernaroli - declassa il mio matrimonio, dando scarsa tutela alla mia unione. Per questo, chiedo lo stralcio dell'articolo 7 del provvedimento, una norma 'ad personam' che pretende di convertire il mio matrimonio in un'unione". Della sua storia Bernaroli ha parlato anche con Monica Cirinnà, la senatrice del Pd prima firmataria del ddl che non a caso porta il suo nome. "La sua risposta - racconta Bernaroli - in sintesi è stata un'alzata di spalle, mi ha detto che avremmo potuto fare ricorso alle Corti. Certo, un bel modo di fare le leggi".

"Questa brutta legge - incalza la 45enne bolognese - rischia di cancellare il mio matrimonio trasformandolo in un'unione registrata, senza pari dignità. Introduce una discriminazione per legge, ma nessuno, nemmeno le associazioni Lgbt, lo denunciano, tutti sembrano accontentarsi di un compromesso sfacciatamente al ribasso".

"Siamo in Europa, e questo vale anche per i diritti - dice Bernaroli - dobbiamo ambire a tutele adeguate, come avviene negli altri Paesi europei dove il matrimonio egualitario è un dato acquisito. La mia storia poteva e doveva essere un punto di partenza, perché in Italia, grazie al mio caso, il matrimonio tra due persone dello stesso sesso esiste già. Dovevamo partire da lì, e ci sono proposte di legge in tal senso già depositate in Parlamento, invece abbiamo fatto 10 passi indietro con questa legge/compromesso".

"La cosa che più non tollero - denuncia ancora - è l'ipocrisia con cui questo governo si appresta ad approvare la legge Cirinnà spacciandola per una vittoria. O l'unione civile è uguale al matrimonio -allora non ha senso non chiamarla così- oppure ha minore dignità, dunque si introduce una discriminazione per legge: esattamente quel che sta avvenendo. A questo punto meglio non avere nulla che questa brutta legge. Se negli Usa si fossero sempre accontentati del compromesso, oggi non avremmo un Presidente nero alla Casa Bianca, questo lo ricordo anche alle associazioni Lgbt".

"Due persone che stanno insieme - conclude Bernaroli - non sono una formazione sociale ma una famiglia, questo lo ricordo a chi fa finta di non vedere o pare averlo dimenticato. Io non ci sto. Continuerò a lottare per il mio matrimonio, in Italia e in Europa, ma non torno indietro e non accetto compromessi. Anche a costo di tornare a chiamarmi Alessandro".

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