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Mar Rosso, Rizzi (Ecfr): "Danni ai cavi? No sabotaggio Houthi, ma superare colli bottiglia"

06 marzo 2024 | 14.20
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"Le ultime informazioni portano a pensare che sia stata la Rubymar, la nave colpita e affondata in un attacco dei militanti yemeniti, a danneggiarli"

Una nave americana nel Mar Rosso
Una nave americana nel Mar Rosso

I danni ai quattro cavi nel Mar Rosso attraverso i quali passa un quarto del traffico Internet tra Europa e Asia non sarebbero stati causati da un sabotaggio degli Houthi, che in effetti hanno smentito, ma potrebbero essere una conseguenza dell'affondamento della Rubymar, colpita nei giorni scorsi dai miliziani yemeniti. "Un danno indiretto e involontario", spiega all'Adnkronos Alberto Rizzi, esperto di geoeconomia dell'European council on foreign relations (Ecfr) di Roma, sottolineando come in ogni caso, come con il traffico marittimo, bisognerebbe superare "i colli di bottiglia" che 'strozzano' le comunicazioni, creando rotte alternative.

"Le ultime informazioni, tenuto conto della profondità alla quale sono posati e delle coordinate, portano a pensare che sia plausibile che sia stata la Rubymar, il cargo andato alla deriva e poi affondato dopo essere stato colpito dai missili degli Houthi, a danneggiare i cavi - dice Rizzi - Quindi si è trattato di un danno indiretto e non volontario, d'altro canto la smentita è stata forte e i miliziani yemeniti non hanno interesse a sabotare i cavi, perché danneggiano gli Stati che li sostengono e che hanno finora tollerato i loro attacchi contro le navi nel Mar Rosso", diretti contro Stati Uniti e Gran Bretagna per il loro sostegno a Israele.

Fatto il danno, con parte del traffico che è stato reindirizzato su altre direttrici, "ora andrà riparato il prima possibile, ma non è semplice - ammette l'esperto - perché bisogna chiedere il permesso al governo yemenita. Le navi specializzate già ci sono e si trovano in Oman, il loro intervento permetterebbe di capire meglio da chi potrebbero essere stati causati i danni, ma dovrebbero operare per un tempo relativamente lungo in acque tutt'altro che sicure".

C'è poi il tema delle rotte alternative, al quale lavora già da tempo l'Europa, con un progetto di collegamento terrestre che, partendo dall'Italia, dovrebbe arrivare fino in India. "La necessità è di superare alcuni colli di bottiglia, non solo per i danneggiamenti ai cavi", spiega Rizzi, sottolineando tuttavia che è previsto il transito in alcuni Paesi come la Giordania, dove comunque si pone "il problema della sicurezza: non è necessariamente più sicura e può anche essere più costosa".

In questo contesto, ragiona l'esperto dell'Ecfr, l'opzione resta quella di dispiegare "strumenti militari di protezione delle acque del Mar Rosso, mentre si lavora alle soluzioni diplomatiche per far venire meno la ragione degli attacchi degli Houthi, il conflitto a Gaza". Soluzione che evidentemente richiede del tempo, come ci vorrà del tempo, osserva Rizzi, perché il traffico marittimo attraverso il Canale di Suez torni ai livelli precedenti.

"I dati di Portwatch ci dicono che il traffico è dimezzato rispetto alla media dello scorso anno e che invece è raddoppiato quello al largo del Capo di Buona Speranza. Nelle ultime settimane, dopo i raid di americani e britannici, c'è stata una riduzione degli attacchi degli Houthi, almeno come numero, ed è stata dispiegata la missione europea Aspides. Per il momento - chiosa - vengono contenuti i danni, ma difficilmente nel breve periodo queste operazioni basteranno per ridare fiducia agli operatori marittimi".

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