Paesi sicuri, sentenza Corte Ue. Palazzo Chigi: "Sorpresi da decisione, ridotta autonomia governo e Parlamento"

La nota di Palazzo Chigi: "Per l'individuazione dei cosiddetti Paesi sicuri la Corte di Giustizia Ue fa prevalere la decisione del giudice nazionale. È un passaggio che dovrebbe preoccupare tutti". Anm: "Nessuno remava contro il governo, interpretazione giudici italiani corretta"

Migranti (Afp)
Migranti (Afp)
01 agosto 2025 | 10.41
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Fino all'entrata in vigore di un nuovo regolamento destinato a sostituire la direttiva attualmente applicabile, uno Stato membro dell’Ue non può designare come Paese di origine “sicuro” un Paese terzo che non soddisfi, per alcune categorie di persone, le condizioni sostanziali di questa designazione. Lo stabilisce la Corte di Giustizia dell’Ue, nella sentenza che riguarda il caso di due cittadini del Bangladesh che erano stati portati dalle autorità italiane in un Cpt in Albania.

Palazzo Chigi: "Sorpresi per decisione Corte Ue"

"Sorprende la decisione della Corte di Giustizia Ue in merito ai Paesi sicuri di provenienza dei migranti illegali. Ancora una volta la giurisdizione, questa volta europea, rivendica spazi che non le competono, a fronte di responsabilità che sono politiche", sottolinea una nota di Palazzo Chigi.

"La Corte di Giustizia Ue - prosegue il comunicato - decide di consegnare a un qualsivoglia giudice nazionale la decisione non sui singoli casi, bensì sulla parte della politica migratoria relativa alla disciplina dei rimpatri e delle espulsioni degli irregolari. Così, ad esempio, per l’individuazione dei cosiddetti Paesi sicuri fa prevalere la decisione del giudice nazionale, fondata perfino su fonti private, rispetto agli esiti delle complesse istruttorie condotte dai ministeri interessati e valutate dal Parlamento sovrano. È un passaggio che dovrebbe preoccupare tutti - incluse le forze politiche che oggi esultano per la sentenza - perché riduce ulteriormente i già ristretti margini di autonomia dei Governi e dei Parlamenti nell’indirizzo normativo e amministrativo del fenomeno migratorio".

"La decisione della Corte indebolisce le politiche di contrasto all’immigrazione illegale di massa e di difesa dei confini nazionali. È singolare che ciò avvenga pochi mesi prima della entrata in vigore del Patto Ue su immigrazione e asilo, contenente regole più stringenti, anche quanto ai criteri di individuazione di quei Paesi: un Patto frutto del lavoro congiunto della Commissione, del Parlamento e del Consiglio dell’Unione europea. Il Governo italiano - conclude la nota - per i dieci mesi mancanti al funzionamento del Patto europeo non smetterà di ricercare ogni soluzione possibile, tecnica o normativa, per tutelare la sicurezza dei cittadini".

La decisione della Corte Ue

Nel Cpt in Albania, i due cittadini del Bangladesh, soccorsi in mare, avevano presentato una domanda di protezione internazionale, la quale - esaminata secondo la procedura accelerata di frontiera - è stata respinta in quanto infondata, con la motivazione che il Bangladesh è considerato “sicuro”.

I due hanno fatto ricorso al Tribunale ordinario di Roma, che si è rivolto alla Corte di Giustizia per chiarire l'applicazione del concetto di Paese di origine sicuro e gli obblighi degli Stati membri in materia di controllo giurisdizionale effettivo. Il giudice sostiene che, contrariamente al regime precedente, l'atto legislativo dell’ottobre 2024 non precisa le fonti di informazione sulle quali il legislatore italiano si è basato per valutare la sicurezza del Paese.

Pertanto, sia il richiedente sia l'autorità giudiziaria si troverebbero privati della possibilità, rispettivamente, di contestare e controllare la legittimità di questa presunzione di sicurezza, esaminando in particolare la provenienza, l'autorità, l'affidabilità, la pertinenza, l'attualità e l'esaustività delle fonti. La Corte risponde che il diritto dell'Unione non osta a che uno Stato membro proceda alla designazione di un Paese terzo quale Paese di origine sicuro mediante un atto legislativo, purché la designazione possa essere oggetto di un controllo giurisdizionale effettivo.

La Corte sottolinea anche che le fonti di informazione su cui si fonda la designazione di Paese terzo sicuro devono essere "sufficientemente accessibili", sia per il richiedente che per il giudice. Questa prescrizione mira a garantire una tutela giurisdizionale effettiva, consentendo al richiedente di difendere efficacemente i suoi diritti e al giudice nazionale di esercitare pienamente la propria funzione giurisdizionale.

Peraltro, il giudice può, quando verifica se la designazione rispetti le condizioni previste dalla direttiva, tener conto delle informazioni raccolte, a condizione di verificarne l'affidabilità e di garantire a entrambe le parti la possibilità di presentare le loro osservazioni su queste informazioni supplementari.

Finché la direttiva in vigore non sarà sostituita dal nuovo regolamento, comunque, non sarà possibile designare come Paese terzo sicuro un Paese che non lo sia per tutta la sua popolazione. Il nuovo regolamento, che consente di prevedere eccezioni per alcune categorie di persone chiaramente identificabili e che quindi dovrebbe consentire di risolvere questo problema (cioè il fatto che ad oggi, a norma di legge, un Paese non può essere considerato sicuro se non lo è per la totalità della sua popolazione), entrerà in vigore il 12 giugno 2026, quindi tra meno di un anno. Ma il legislatore Ue, sottolinea infine la Corte, può anticiparne la data di entrata in vigore.

Anm: "Nessuno remava contro il governo, interpretazione giudici italiani corretta"

“Nessuno ‘remava’ contro il governo. Era stata proposta una interpretazione dai giudici italiani che oggi la Corte di giustizia dell’Unione europea dice essere corretta. E’ giusto saperlo, senza polemiche ma per amore di chiarezza”, afferma il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Cesare Parodi.

Nella nota della Giunta esecutiva centrale dell’Associazione nazionale magistrati si legge: “La Corte di giustizia Ue nella sentenza sul protocollo Italia-Albania e la definizione di Paese d'origine sicuro conferma in modo inequivocabile la correttezza dell’interpretazione fornita dai giudici italiani, più volte oggetto, in questi mesi, di pesanti attacchi pubblici per l'esercizio della loro funzione. I giudici non fanno le leggi, ma le applicano in modo attento e scrupoloso e, come confermato dalla Corte di giustizia Ue, devono poter esercitare un sindacato pieno e indipendente sul rispetto dei diritti fondamentali”.

“La Corte - aggiunge la nota - conferma inoltre che non possono essere inclusi nell’elenco dei Paesi sicuri quei Paesi che non offrano 'protezione sufficiente a tutta la sua popolazione', escludendo logiche meramente formali o generiche. I magistrati italiani hanno fatto in questi mesi quello che la legge imponeva loro, nonostante i frequenti e brutali attacchi ricevuti da una parte della politica. La sentenza di oggi lo conferma".

"Hanno dunque agito nel pieno rispetto del diritto nazionale ed eurounitario, garantendo l’effettività della tutela giurisdizionale, uno dei capisaldi dello Stato di diritto - conclude - La decisione della Corte di Lussemburgo rafforza e legittima l’operato di chi, in nome della legge, ha tutelato diritti e libertà fondamentali, nel solco della Costituzione e delle norme europee”.

Le reazioni

Si susseguono le reazioni dei leader politici. Per il leader della Lega e ministro Matteo Salvini "la sentenza della Corte Ue contro l'Italia è scandalosa, vergognosa, imbarazzante, limita la possibilità di controllare i confini, contrastare i trafficanti di esseri umani, di limitare gli sbarchi". La sentenza, aggiunge, "cancella la sovranità nazionale, è l'ennesima dimostrazione di un'Europa che non funziona e questo mi preoccupa non da vicepresidente del Consiglio ma da cittadino italiano, perché se in Europa qualcuno mi limita la possibilità di difendermi e controllare i confini è un grosso problema". "Non ci arrendiamo a chi vuole spalancare le porte a trafficanti e clandestini, che sia qualche magistrato a decidere se un Paese è sicuro o non lo è è una scelta politica, si candidino, smetta di fare il magistrato in Italia e in Europa", conclude Salvini.

“Bisogna contrastare l'immigrazione clandestina. Esamineremo attentamente la sentenza, ma se impedisse agli Stati di agire nelle sedi politiche competenti continueremo la battaglia contro un uso politico improprio della giustizia”, dichiara il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri, al Gr Rai.

Le opposizioni vanno all'attacco dell'esecutivo. "La Corte Europea ha dato torto al governo italiano. Chissà se anche stavolta diranno che li abbiamo ispirati noi, chissà se anche stavolta diranno che la Corte Europea cerca solo di bloccare la riforma della giustizia in Italia - dice la segretaria del Pd, Elly Schlein - Si prendano la responsabilità di non aver letto le leggi italiane ed europee e di aver fatto una scelta illegale con centri inumani in Albania che calpestano i diritti fondamentali dei migranti e dei richiedenti asilo e per cui hanno sperperato più di ottocento milioni degli italiani che potevamo invece usare per assumere medici e infermieri".

Per il presidente del Movimento Cinque Stelle, Giuseppe Conte, "la Corte di giustizia dell’Unione europea dà un sonoro schiaffo al governo italiano spiegandogli che si può anche scrivere in un decreto legge l’elenco dei Paesi ritenuti 'sicuri' per i rimpatri. Ma siccome è materia su cui incide il diritto europeo, il giudice italiano ha comunque il dovere di valutare caso per caso e sulla base delle circostanze concrete se il Paese d’origine è davvero sicuro. La Corte di giustizia fissa un nuovo principio? Assolutamente no. La pronuncia era scontata, basta leggere un manuale di diritto europeo".

Angelo Bonelli, deputato di Alleanza Verdi e Sinistra e co-portavoce nazionale di Europa Verde, commenta: "La pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione europea sul protocollo Italia‑Albania e sulla designazione dei Paesi di origine sicuri conferma la totale illegittimità dell’impianto normativo voluto dal governo Meloni".

"La sentenza della Corte Europea di giustizia è un vero e proprio macigno sulle velleità del governo Meloni e della destra italiana di calpestare il diritto internazionale e il buonsenso - sottolinea Nicola Fratoianni di Avs - Erano pure arrivati a dire nelle aule parlamentari che i giudici che rispettavano la legge fossero degli eversori. Non era e non è affatto così". "Una pesante sconfitta senza appello - conclude il leader di SI - per chi ha orchestrato un’indegna campagna di propaganda sulla pelle di esseri umani".

Per il segretario di +Europa, Riccardo Magi, “la sentenza della Corte europea sul Protocollo Italia-Albania è la Caporetto di Giorgia Meloni e dovrebbe mettere fine al progetto di una Guantanamo italiana per la deportazione di migranti. Meloni e il governo sapevano che questo protocollo era stato redatto nella totale illegalità per questo hanno deciso di correre ai ripari cambiando preventivamente destinazione d’uso ai centri in Albania proprio per sfuggire agli effetti di questa sentenza".

Matteo Renzi interviene con una nota: "Giorgia Meloni sta sprecando in Albania centinaia di milioni di euro del contribuente nonostante che i giudici di tutto il pianeta le stiano dando torto. È sempre più assurdo! Spero che adesso finalmente si fermi. Anche perché i prossimi giudici che si occuperanno del caso saranno i giudici della Corte dei Conti. E lì, come noto, i politici rispondono personalmente".

Mons. Gian Carlo Perego, presidente della Commissione Cei che si occupa dei migranti nonché presidente della fondazione Migrantes, con l’Adnkronos riflette sul senso della decisione della Corte europea. “L’ennesima sconfessione della politica migratoria del governo viene dalla Corte di giustizia europea, che condanna la possibilità di utilizzare i centri in Albania perché non garantiscono la tutela dei richiedenti asilo”, dice Perego che parla di "uno spreco di risorse impressionante, si aggira attorno al miliardo il costo dei centri in Albania, che alla fine saranno un regalo al governo albanese, come lo fu, in altri tempi, la realizzazione di un carcere per trasferire gli albanesi presenti nelle carceri italiane”. “Il balletto di decreti e di leggi per utilizzare come hub, come centri di accoglienza e come Cpr le strutture costose realizzate in Albania - osserva Perego - termina con questa dichiarazione della Corte europea che ormai non lascia margini ad altre, subdole manovre per allontanare il dramma di migranti in fuga dai nostri occhi e dalla nostra responsabilità costituzionale”.

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