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Fecondazione: Consulta, non è reato selezionare embrioni se malati

11 novembre 2015 | 17.56
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 Infophoto
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La Consulta, con la sentenza 229/2015, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge 40/2004 sulla fecondazione assistita, "nella parte in cui contempla come ipotesi di reato la condotta di selezione degli embrioni anche nei casi in cui questa sia esclusivamente finalizzata a evitare l'impianto nell'utero della donna di embrioni affetti da malattie genetiche trasmissibili rispondenti ai criteri di gravità" dettati dalla legge 194 sull'aborto.

La questione di legittimità costituzionale era stata sollevata dal Tribunale ordinario di Napoli, secondo cui l'articolo 13 (commi 3, lettera b, e 4) della legge 40 - che prevede di sanzionare penalmente anche la condotta dell'operatore medico volta a consentire il trasferimento nell'utero della donna dei soli embrioni sani o portatori sani di malattie genetiche - violerebbe gli articoli 3, sotto il profilo della ragionevolezza, e 32 della Costituzione, per contraddizione rispetto alla finalità di tutela della salute dell'embrione di cui all'articolo 1 della medesima legge 40. E contrasterebbe anche con il diritto al rispetto della vita privata e familiare, che include il desiderio della coppia di generare un figlio non affetto da malattia genetica.

Resta vietata, invece, la soppressione degli embrioni frutto di fecondazione assistita: la Consulta ha infatti ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dallo stesso tribunale relativamente alla parte della legge 40/2004 in cui "è vietata la crioconservazione e la soppressione di embrioni" e "la violazione è punita con la reclusione fino a tre anni e con la multa da 50.000 a 150.000 euro".

"Da un punto di vista pratica, nei centri specializzati in Pma non cambia niente, ma è una precisazione importante perché accresce la sicurezza del nostro lavoro", commenta all'Adnkronos Salute Andrea Borini, presidente nazionale Sifes (Società italiana di fertilità e sterilità e medicina della riproduzione) e dei centri Tecnobios. "La legge 40 - evidenzia l'esperto - era piena di norme anticostituzionali e la Consulta è intervenuta già da anni. Prima, formalmente, poteva essere ipotizzato come reato il non trasferire un embrione malato dopo una diagnosi genetica eseguita da una coppia portatrice di malattie ereditarie. Invece si ribadisce il diritto alla diagnosi preimpianto delle coppie sterili o infertili per scoprire se gli embrioni siano portatori della loro patologia, ed è una precisazione importante anche se era in realtà già tutto nell'ordine dei fatti. In ogni caso ce lo aspettavamo e ce lo auguravamo, dato anche che questa sentenza è il frutto di un fatto concreto, portato davanti ai giudici da un tribunale ordinario", sottolinea. Anche per quanto riguarda gli embrioni sovrannumerari, nulla cambia: "Rimangono crioconservati, alcuni pronti per essere utilizzati in nuovi cicli di Pma, alcuni abbandonati".

Con la sentenza appena pubblicata, "la Corte costituzionale ha confermato la piena legittimità della diagnosi pre-impianto e la possibilità di crioconservare gli embrioni risultati affetti da malattia grave genetica, come aveva già affermato con la precedenza sentenza 96 del 2015. Ora speriamo che l'accesso sia per le coppie infertili che per le coppie fertili a rischio di trasmissione di gravi malattie genetiche sia possibile nell'effettività e quindi nel servizio sanitario". aggiunge Maria Paola Costantini, referente per la Pma di Cittadinanzattiva e avvocato che ha rappresentato coppie infertili di fronte alla Consulta negli anni scorsi. "Per ora - critica il legale - non c'è traccia di ciò né nelle ultime linee guida del 2015 emanate dal ministero della Salute (precedenti alla sentenza 96) né nella lista dei nuovi Livelli essenziali di assistenza. Chiediamo che non vi siano nuove discriminazioni per le coppie meno abbienti e in particolare per quelle del Sud d'Italia".

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