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L'ad di Banca Ifis: "Sì a bad bank Ue, ma attenti a effetti su mercato"

02 febbraio 2017 | 15.47
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Banca a Lugano.  - FOTOGRAMMA
Banca a Lugano. - FOTOGRAMMA

La bad bank europea proposta dall'Eba potrebbe diventare "la soluzione strutturale che affronta finalmente in maniera radicale un problema che affligge i bilanci delle banche", soprattutto quelle italiane, ma nella discussione sulla sua creazione ci sono alcuni effetti da non sottovalutare, che possono essere di tipo "psicologico" e di tipo "concorrenziale". A individuarli è Giovanni Bossi, amministratore delegato di Banca Ifis, un gruppo indipendente specializzato nella gestione dei crediti inesigibili e in particolare di quelli al consumo.

"Ogni volta che si parla di bad bank - spiega in un'intervista all'AdnKronos - si creano effetti psicologici importanti: se non la mettiamo in opera, i cda delle banche che dovrebbero vendere i portafogli di npl non fanno più nulla fino a quando non hanno la certezza che ci sarà o meno la bad bank, visto che compra a un valore presumibilmente maggiore di quello che propongono i fondi. In questo modo, è chiaro che il manager di una banca aspetta che la bad bank sia operativa, ma così si impianta il mercato".

Magari, aggiunge, l'Eba "è più avanti di quanto pensiamo e tra un mese la bad bank è pronta: la cosa importante è che queste non siano dichiarazioni di intenti, ma che abbiano sostanza". Sul fattore concorrenza, invece, il discorso è più complesso e riguarda la differenza tra il prezzo di mercato a cui vengono comprate oggi le sofferenze e l'eventuale valore economico a cui la bad bank europea le acquisterebbe. Secondo Bossi, c'è uno stacco possibile di circa undici punti percentuali tra questi due valori e con questo 'gap' le banche che storicamente hanno concesso peggior credito otterrebbero "una sorta di vantaggio" rispetto ad altre che sono state più attente.

Questa, però, è una valutazione che non tiene conto della "ragion di stato", ammette Bossi. "Anch'io - dice - sono un banchiere italiano e c'è un problema sistemico che deve essere risolto".

Un altro lato positivo della bad bank europea per il settore bancario italiano e a cui Bossi guarda "in modo favorevole" si potrebbe vedere nella trasformazione delle trattative con i fondi specializzati nell'acquisto di crediti inesigibili. "L'ago della bilancia, con l'esistenza di un grande fondo che si occupa di titoli tossici, si sposterebbe dalla parte degli istituti di credito: senza di esso, infatti, un fondo di private equity cerca, come fa oggi, di ottenere il prezzo minimo possibile per avere il maggior rendimento. Ma se c’è una bad bank che fa questo mestiere, la banca non avrà più fretta di cedere i crediti e potrà farlo al prezzo a lei più vantaggioso".

Insomma, con la bad bank salirebbe per tutti gli operatori l'asticella del prezzo di vendita dei non performing loan. In un mercato, tra l'altro, che continua a crescere. In Italia, rileva Bossi, "il mercato dei crediti deteriorati è molto più attivo del passato e sta crescendo in maniera molto rapida, dal 2015. Anche nel 2017, che è appena cominciato - spiega - parecchie operazioni ci sono state sottoposte e di solito gennaio non è un mese caldo". Banca Ifis, al momento, gestisce circa 1 milione e 300mila posizioni di crediti deteriorati per un controvalore nominale superiore ai 10 miliardi di euro.

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