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Maestre di stile (e non solo)

09 aprile 2020 | 16.04
LETTURA: 5 minuti

Maestre di stile (e non solo)

In collaborazione con LuisaViaRoma

Stiliste e icone di stile, CEO e businesswomen, creative e impegnate nel sociale. Le donne di questo breve excursus stanno plasmando l’industria della moda a passi decisi e inarrestabili. Le abbiamo scelte per il loro spirito imprenditoriale, la loro vocazione femminista e il loro contributo nella sfera della sostenibilità. Queste apripista di un’era a tinte rosa si sono accaparrate un posto d’onore nella selezione dell’e-commerce LuisaViaRoma e sono la prova vivente che con il duro lavoro si può fare la differenza, anche nello sfuggente e spietato settore del fashion.

Portavoce della libertà di espressione, londinesi doc e donne in carriera, le best friend Henrietta Rix & Orlagh McCloskey (da qui il nome RIXO) riuniscono una platea di vintage lovers sotto l’hashtag #HumansOfRixo. Sul mercato da pochi anni con un brand (fieramente) a conduzione femminile, hanno conquistato tre generazioni di donne con un mix esplosivo di fantasie ipnotiche e pattern caleidoscopici dipinti a mano su tessuti di prima qualità. Le collezioni delle due British nel nostro radar vogliono colmare una lacuna nell’offerta contemporanea con proposte uniche e senza tempo, da custodire nel guardaroba stagione dopo stagione e da considerare il vintage del futuro.

Il secondo duo pionieristico arriva dal nord, importando un vento scandi-chic che non ne vuol sapere di affievolirsi. Si chiamano Thora Valdimars e Jeanette Friis Madsen le ex colleghe e creative di Rotate, il brand che ha scalato le classifiche dei mini dress più desiderati del momento. Sulla scia dell’ormai cult Ganni, il marchio nasce dall’esigenza di offrire un’ampia varietà di capi ciclici a prezzi accessibili da sfoggiare evento dopo evento, anche (e soprattutto) con le sneakers ai piedi. Per il design moderno e glamour, le creazioni Rotate sono l’emblema del power dressing che per le founder si traduce in queste keyword: spalle oversize, tessuti texturizzati e comfort.

Restando in tema, è d’obbligo citare la prospettiva bulgara di By FAR, il brand d’ispirazione nineties che sta riempiendo le wishlist delle trendsetter più esigenti. Prima di essere le ideatrici di un brand in rapida ascesa, Sabina Gyosheva, Denitsa Bumbarova e Valentina Bezuhanova, erano madri e appassionate di accessori, a tal punto da riuscire a rivisitare l’iconica Baguette vista sulle top più top di tutti i tempi. Passione, contenuti virali su Instagram e pellame italiano sono gli assi nella manica di tre donne che hanno concretizzato le loro aspirazioni in un fatturato più che invidiabile in soli quattro anni.

Motto imperante anche fuori dal dibattito sociale, l’empowerment femminile accende gli animi di celebrity e stiliste, politiche e attrici. Nella fashion élite sono infatti in crescita le creative che si schierano a favore della valorizzazione della figura della donna, sia nel lavoro che nella società. In materia, una lezione ce la insegna Siri Vikman che con il suo brand diffonde il verbo “Empowering Women Through Style”. Aéryne è senza dubbio uno dei brand più attuali, per il design e per la visione etica e sostenibile. A Siri si attribuisce il merito di aver creato un fondo che vuole dare accesso all’istruzione a chi non lo può avere. La sua Aéryne Academy cresce di pari passo con il suo fatturato: il 5% di ogni vendita online viene destinato alla Seva Sadan di Mumbai, scuola e luogo sicuro per bambine rimaste orfane o senza risorse sufficienti.

Un altro buon esempio ci arriva da Veronica D'Souza, CEO e Founder di Carcel, il brand danese che punta tutto sul coinvolgimento e sulla rieducazione delle donne incarcerate. Due sono gli istituti penitenziari trasformati in veri e propri atelier: quello di Cusco, in Peru, e quello di Chiang Mai, in Thailandia. Qui, in contatto con l’HQ di Copenhagen, le donne lavorano a pieno regime e con gli stessi diritti che si hanno fuori dal carcere, ottengono un compenso in denaro e vengono preparate al reinserimento nella società.

Con lo stesso modello etico di Carcel, I was a Sari opera in India per un progetto con Oxfam, rendendo le artigiane di Mumbai designer e artefici del proprio futuro: i kimono e le mules della collezione per LuisaViaRoma sono fatti interamente a mano tramite l’upcycling dei sari tradizionali. Il modello economico scelto dal brand, il Triple Bottom Line, è sostenibile ed eco-friendly e si basa su una continua analisi dell’impatto che l’azienda ha su società, economia e ambiente. In breve, I was a Sari è un’iniziativa non-profit che reinveste tutti i suoi profitti nel brand per perseguire il suo scopo principale: l’emancipazione femminile. Chapeau!

Per ultime, ma non certo per importanza, le donne che hanno saputo sensibilizzare la popolazione mondiale sull’emergenza del cambiamento climatico, aprendo le porte ad un approccio green sia alla produzione che allo shopping.

Figlia d’arte e divulgatrice della filosofia eco-conscious, Stella McCartney rappresenta la perfetta sintesi di ricerca e nuove tendenze. Il suo modello di economia circolare si basa sulla drastica riduzione degli sprechi, sull’utilizzo di materiali biologici (quindi rinnovabili) e sulla rigenerazione di quelli tecnici e sintetici per dare vita a un continuum produttivo virtuoso. Stella si interessa all’ambiente da anni, per questo può vantare un ampio ventaglio di tessuti e materiali eco-friendly, come la pelle vegetale, il cashmere rigenerato e l’ECONYL®, protagonista della collezione di borse cult Falabella.

Rimaniamo in UK per parlare di Vivienne, la Dame of the British Empire. Provocatrice, camaleontica e da sempre impegnata in cause ambientaliste e sociali, la Westwood utilizza ogni sua collezione per sottolineare la portata dell’emergenza climatica. Per citarne una, la sua capsule in cotone organico #ClimateRevolution Vivienne Westwood per LVR Sustainable parla chiaro, invitando il consumatore a schierarsi a favore di uno slow shopping che è sempre più necessario.

Se la designer più sovversiva dello scorso secolo marcia per trovare alleati nella lotta al riscaldamento globale, la pluripremiata attrice di Blow e Vicky Cristina Barcelona si appoggia a Nadja Swarovski per prendersi cura del pianeta partendo dalle miniere. Penélope Cruz in veste di designer per una collezione preziosa per l’ambiente e i minatori, realizzata con oro FairTrade del Perù e con diamanti, rubini e zaffiri sintetici creati in laboratorio, cari all’attrice per il loro minimo impatto ambientale. Il progetto Atelier Swarovski si muove nella direzione del Conscious Luxury, investendo in metodi di lavorazione più rispettosi del pianeta che siano i nuovi presupposti per un lusso responsabile.

Queste sono solo alcune delle donne che stanno lasciando un’impronta indelebile e positiva sul panorama della moda. La lista di brand da conoscere, designer da imitare e idee brillanti da monitorare non finisce certo qui: il 2020 apre le porte a progetti sempre più rosa.

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