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Mascherina al lavoro: cosa dicono Bassetti, Gismondo, Viola

05 maggio 2022 | 13.04
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Mascherina al lavoro, ancora obbligatorio nel privato (fino al 30 giugno) e raccomandata nel pubblico. Cosa ne pensano gli esperti

(Foto Afp)
(Foto Afp)

Mascherina al lavoro, ancora obbligatorio nel privato (fino al 30 giugno) e raccomandata nel pubblico. Cosa ne pensano gli esperti?

A trovarlo "assolutamente non concepibile" è Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell'ospedale Sacco di Milano. "Il rischio del virus - dice all'Adnkronos Salute - c'è o non c'è a prescindere che una persona lavori a uno sportello pubblico o in un ufficio privato". "Come sempre siamo di fronte a scelte di tipo politico-sindacale" e non di natura scientifica, osserva l'esperta. "Evidentemente - aggiunge - la burocrazia, contratti di lavoro, impediscono di accettare comunque una misura trasversale" come la caduta dell'obbligo del dispositivo di protezione.

Secondo Matteo Bassetti questa "è l’ennesima dimostrazione che i provvedimenti riguardanti l’ambito sanitario, oggi, in Italia, non vengono presi dagli esperti e dai medici, ma dalla politica. Di questo passo, per superare le limitazioni che ci ha imposto il covid, ci vorranno dieci anni. Altro che ritorno alla normalità", ha affermato il virologo, direttore della Clinica di malattie infettive al Policlinico San Martino di Genova, in un'intervista al quotidiano 'Libero' spiegando che "il nostro sistema è andato in tilt, è come un flipper impazzito. Così non ne usciamo". "Non si ottiene proprio niente, adesso, a maggio del 2022, a proseguire con l’obbligo delle mascherine nei luoghi di lavoro privati" ha aggiunto .

"Sapere che ci sono in circolazione delle versioni del" coronavirus "Sars-CoV-2 che possono contagiare anche chi è guarito da poche settimane", come le Omicron 4 e 5 (BA.4 e BA.5) e la BA.2.12.1, "ci deve spingere a essere cauti nel rinunciare alla mascherina. Usiamola anche dove non è obbligatoria, per noi stessi e per gli altri", raccomanda Antonella Viola, immunologa dell'università di Padova e direttrice scientifica dell'Istituto di ricerca pediatrica Città della Speranza.

"Penso per esempio ai negozi e ai supermercati", precisa l'esperta su Facebook: "Noi ci stiamo dentro al massimo una mezz'ora e quindi la mascherina non è per noi un sacrificio, ma cassieri e commessi ci passano la giornata, a contatto con centinaia di clienti - sottolinea - e tutti noi possiamo aiutarli e farli sentire più sicuri sul loro luogo di lavoro. Basta poco".

"Credo che il razionale sia abbastanza chiaro: il mancato utilizzo di mascherina al chiuso in questo momento aumenta il rischio di diffusione virale e quindi di lavoratori che, a causa della positività, sono costretti a casa per giorni, se non settimane. Evidentemente il settore privato è più attento del pubblico sul tema della produttività". A dirlo all'Adnkronos Salute l'epidemiologo Pier Luigi Lopalco, docente di igiene all'Università del Salento.

Per il virologo Fabrizio Pregliasco, dal punto di vista scientifico, considerato che "il virus Sars-CoV-2 sta circolando" e lo fa nel settore pubblico così come in quello privato, "sicuramente il problema" di proteggersi da Covid-19 negli ambienti di lavoro "c'è", e "l'esigenza di mantenere le mascherine e le altre misure di cautela" quando consigliate "esiste sia per il pubblico sia per il privato". "Nel privato - ragiona l'esperto - si è scelta una linea più conservativa per le responsabilità legate alla legge 81 del 2008, relativa alla sicurezza sul lavoro". Una normativa che "vale anche nel pubblico, il quale però ha deciso con propria disposizione alcuni elementi di buon senso" e quindi di raccomandazione. "Sarebbero applicabili anche nel privato ma, stante la decisione del pubblico di dire 'raccomandiamo la mascherina', i privati hanno optato appunto per una posizione più conservativa", e dunque per il mantenimento dell'obbligo ancora per un po', "anche per riuscire a garantire un approccio uniforme nelle diverse aziende. Una standardizzazione dell'indicazione, in senso più protettivo, offre infatti più tutele - precisa il virologo - perché in caso di infezione un dipendente o un suo familiare potrebbe contestare al datore di lavoro di non avere garantito la sicurezza".

"Sulle mascherine il discorso è semplice: le devono usare i fragili e coloro che li accudiscono. A livello di riduzione dei contagi non hanno impatto: se la si mette al supermercato e poi nel resto della giornata non la si indossa l'impatto è zero. A livello di popolazione, ora è meglio non proteggersi: paradossalmente, più ci proteggiamo e più allunghiamo il tempo da quando abbiamo fatto il vaccino, diventando più vulnerabili", sottolinea dal canto suo Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell'università di Padova, ospite di 'Un Giorno da Pecora' su Rai Radio1.

Le differenze nell'uso delle mascherine sui luoghi di lavoro al chiuso nel pubblico e nel privato "sono incomprensibili perché non è che nel primo non c'è il rischio di contagiarsi e nel secondo sì". Così all'Adnkronos Salute Massimo Andreoni, primario di infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), interviene sul caso delle mascherine al chiuso. A preoccupare l'infettivologo è "la confusione che si genera negli italiani con questi messaggi, così hanno la sensazione che il dispositivo non serva più".

"La situazione epidemiologica è abbastanza sotto controllo, certo servirebbe un maggior impegno sulla campagna vaccinale per le terze e quarte dosi, ma soffermarci su un'unica misura come quella dell'obbligo delle mascherine mi pare assurdo. Soprattutto mi sembra assurdo differenziare tra pubblico e privato, credo che oggi l'obbligo debba esserci solo in ospedale e nelle Rsa. Ricordandoci sempre che dobbiamo essere prudenti quindi se si lavora in un ambiente affollato o con colleghi fragili raccomanderei la mascherina. Questo indipendentemente dal fatto che si lavori nel pubblico o nel privato", sottolinea all'Adnkronos Salute il virologo Mauro Pistello, direttore dell'Unità di virologia dell'Azienda ospedaliera universitaria di Pisa e vicepresidente della Società italiana di microbiologia, intervenendo sul caso delle mascherine al chiuso e le differenze tra settore pubblico e privato.

"Tutti gli indicatori sono sostanzialmente in una fase di plateau con lieve tendenza discendente. Tuttavia, indipendentemente dallo spartiacque normativo del primo maggio, la circolazione del virus rimane molto elevata, oltre che ampiamente sottostimata: più di 56mila nuovi casi in media al giorno, tasso di positività dei tamponi antigenici al 16% e quasi 1,2 milioni di positivi". Il monito arriva dal presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, nel commento al report settimanale della Fondazione. "Ecco perché, indipendentemente da obblighi e raccomandazioni, mantenere la mascherina nei locali al chiuso, specialmente se affollati o poco aerati, rimane una strategia indispensabile per ridurre la circolazione virale e proteggersi dal contagio", rimarca Cartabellotta.

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