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Moroso guarda ai progetti come luoghi nello spazio

Moroso guarda ai progetti come luoghi nello spazio
10 aprile 2014 | 17.19
LETTURA: 3 minuti

Leggere, immaginare l'identità dei progetti come luoghi nello spazio. Luoghi di relazione, di riposo, di pensiero, circoscritti ma aperti al transito e alla contaminazione. Questo, in sintesi, il filo conduttore delle novità che Moroso presenta al Salone Internazionale del Mobile di Milano.

Una selezione progettuale eterogenea dove converge il lavoro di alcuni tra i designer più influenti e interessanti a livello internazionale: Ross Lovegrove, Patricia Urquiola, Tord Boontje, Jörg Schellmann, Werner Aisslinger, Nendo, Atelier Öi, Sebastian Herkner, Raw Edges, Tomek Rygalik, Benjamin Hubert, Giorgia Zanellato e Daniele Bortotto. Un'architettura narrativa che continua il percorso dell'azienda nell'identificare i punti nodali di un territorio che allarga i confini del design industriale verso gli spazi limitrofi dell'arte, dell'architettura e della moda.

Di Urquiola '(love me) tender' un sistema modulare nuovo per forma e costruzione. L'approccio è tecnico: un telaio in alluminio, gambe arrotondate di legno, cuscini abbondanti, tavolini e superfici orizzontali. Pochi componenti, facilmente assemblabili e intercambiabili. L'esito sorprende e inganna i sensi. Alla pienezza dei moduli si contrappone la leggerezza di piattaforme che, come palafitte immaginarie sospese sul pavimento, sembrano sfidare la gravità. Le gambe, apparentemente estranee al telaio, sono pilastri dove ancorarle e aggregarle in molteplici composizioni.

Per il rivestimento, un jersey di lana - morbido, elastico sia in lunghezza che in larghezza - asseconda le forme, delineate con elegante accuratezza dalle plissettature, a proseguimento dell'indagine iniziata con M.a.s.s.a.s. nel 2012. Di Lovegrove 'Diatom', poltroncina impilabile in alluminio, che deriva la sua forma dal frustolo di una diatomea, primordiale organismo unicellulare dallo scheletro di silicio diffuso in tutti gli ambienti acquatici. Una geometria ornamentale declinata nella tridimensionalità, con una struttura nata dall'esplorazione delle regole matematiche che ordinano lo sviluppo vegetativo di un organismo vivente.

Atelier Oi presenta 'Oasis collection', Le sedute, come oasi, aree di riposo e di sollievo. La linea del telaio, come il tratto di una scrittura, supera l'illusione di superficie, rivelando un esercizio concettuale e pratico che trasforma il gesto in ripetizione e un'idea di composizione in un sistema articolato e coerente. Sensibilità calligrafica che coniuga tradizione e design, l'Occidente con l'Oriente: elementi indipendenti che cercano e trovano la continuità senza il bisogno di dover evidenziare un sistema di connessione fra le parti.

E ancora Doge, di Giorgia Zanellato & Daniele Bortotto: è la proiezione di una città, Venezia, in relazione permanente con l'acqua: le strutture tubolari conservano il ricordo delle passerelle utilizzate per il transito pedonale nei giorni di alta marea. Sulla seduta un rivestimento in seta, morbido e leggero come un drappo, promuove a rappresentazione decorativa l'intonaco corroso dalla salsedine. È il racconto di una topografia immaginaria, costruita su una matericità che nelle tracce lasciate dalla marea esprime il delicato equilibrio che la distingue.

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