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Niente panico e occhio ai fondamentali: come guadagnare anche con le Borse giù

12 febbraio 2016 | 13.46
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 - Xinhua
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Niente panico e occhio ai fondamentali. Con i mercati globali ancora sull'ottovolante, gli esperti invitano a non seguire 'l'onda' delle quotazioni in maniera acritica, e cioè vendendo quando tutti vendono e comprando quando i prezzi salgono, soprattutto in una fase come questa in cui alle valutazioni 'sistemiche' si sommano elementi emotivi in grado di amplificare i movimenti (e quindi le possibili perdite).

Per limitare i rischi, comunque, il consiglio di base è sempre lo stesso, quello di diversificare accuratamente, per evitare un impatto troppo forte dall'andamento di un singolo settore. Tenendo sempre a mente che non esistono beni rifugio 'assoluti': come dimostra la storia di questi ultimi anni, persino il franco svizzero o l'oro possono esporre i risparmiatori a forti oscillazioni. Che in caso di vendite 'fuori tempo' (magari dettate dalla necessità di dover coprire altre posizioni) rischiano di provocare perdite rilevanti.

Al tempo stesso, non bisogna dimenticare come il crollo delle quotazioni può essere una incredibile opportunità di guadagno nel medio (ma anche nel breve) termine, purché si tratti di prezzi scesi per fattori esterni e non per la debolezza intrinseca del prodotto. In parole povere, titoli di aziende solide - anche banche, nonostante le tensioni di questi giorni - con prodotti di qualità, un buon posizionamento di mercato e prospettive incoraggianti possono essere ottimi affari, da mettere in portafoglio e da tenere a lungo (vedi alla voce 'dividendi').

Ecco in breve un vademecum di pro e contro dei principali elementi da valutare:

- Borsa: Anche se è difficile mantenere la calma dinanzi a oscillazioni quotidiane (soprattutto verso il basso) che possono toccare il 10%, è proprio in questi casi che affrettarsi a vendere - o comprare - espone gli investitori ai rischi maggiori. Infatti, a meno che dalle società quotate non giungano notizie particolarmente allarmanti (come la maxi-vertenza aperta dalle autorità Usa contro Volkswagen, per capirci), le oscillazioni troppo forti sono spesso solo un riflesso del nervosismo dei mercati. E i prezzi, dopo queste sbandate, rapidamente prendono la direzione opposta, con rimbalzi più o meno consistenti.

- Dividendi: Un indicatore piuttosto affidabile di solidità di un titolo (anche se non l'unico) è l'erogazione di dividendi: non tutte le società in salute li distribuiscono, ma difficilmente una azienda in crisi svuoterà le riserve per distribuire dividendi. Per capirci, alcune delle banche italiane travolte dalle vendite di questi giorni hanno presentato bilanci in utile con dividendi che saranno erogati fra poche settimane e che valgono, ai prezzi attuali, anche il 5% del valore dell'azione. Insomma, investendo oggi 10 mila euro si è certi di avere prima dell'estate un ritorno (pre-tasse) in dividendi di almeno 500 euro. Per i Bot trimestrali, invece, il rendimento è negativo (insomma, non solo non si ha nulla, ma il capitale investito viene ridotto).

- Titoli Stato: Vanno bene per non perdere, ma non per guadagnare. Quando sui mercati scatta il panico, tutti corrono in una sola direzione, verso i Bund tedeschi, i Treasury americani e i Gilt britannici con il risultato di abbatterne i già bassi rendimenti. Al contrario, in questi scenari i tassi dei paesi non-core (come quelli italiani o spagnoli) risalgono a livelli più interessanti. Il nodo è sempre lo stesso: in caso di default di un paese, come è avvenuto (in parte) con la Grecia, si rischia di perdere il capitale investito, ma se tutto va avanti tranquillamente, è possibile guadagnare qualcosa. Lo sa bene chi, nel terribile autunno 2011, decise di rischiare sui Btp a 10 anni italiani con rendimenti oltre il 7%. Nonostante i brividi, il guadagno è stato assicurato. All'estremo opposto, chi nel 2015 ha comprato Bund tedeschi allo 0,07%. In questo caso, sonni tranquilli ma anche perdite assicurate, nel caso di ripresa dell'inflazione.

- Valute: E' forse il settore più imprevedibile. In questa fase persino le mosse tradizionalmente più efficaci si stanno mostrando incapaci di garantire i risultati desiderati. Per capirci, nonostante gli interventi della Bank of Japan e della Bce lo yen e l'euro non si stanno svalutando, tutt'altro. Al contrario, il franco svizzero e il dollaro hanno perso valore dando molte delusioni ai risparmiatori. Impossibile prevedere se il trend si invertirà a breve. Di sicuro, i rischi sono maggiori dei possibili guadagni, anche se al valore attuale il biglietto verde è diventato più conveniente rispetto a tre mesi fa.

- Oro: Sembrava caduto in disgrazia dopo aver regalato soddisfazioni agli investitori fino al picco di 1800 dollari l'oncia. Negli ultimi tre anni le quotazioni erano rimaste intorno quota mille dollari, con leggere oscillazioni soprattutto al ribasso. Da inizio 2016 invece il lingotto ha ripreso a crescere, mettendo a segno un rialzo di circa il 15% in poche settimane. Si conferma un investimento anti-ciclico, insomma, destinato a compensare l'andamento dei mercati azionari. Con l'incognita, però, di una quotazione in dollari. Insomma, una svalutazione del biglietto verde può ridurre (o addirittura azzerare) la crescita delle quotazioni dell'oro. Che però non ha mai smesso di essere oggetto di acquisti delle banche centrali. E se i banchieri centrali si fidano del lingotto, perché non dovrebbero farlo i piccoli risparmiatori? L'importante è non esagerare (il consiglio degli analisti è restare intorno al 5% del totale investito).

- Liquidità: Mai come in questo periodo, comunque, 'cash is king' come dicono gli inglesi. Lo svantaggio, ovviamente, è che le somme depositate su un conto corrente ormai hanno rendimenti risibili: ma in una situazione di inflazione pressoché a zero questo significa perlomeno che la liquidità 'ferma' non viene erosa dalla svalutazione. Una soluzione potrebbe essere quella di un conto di deposito con un rendimento accettabile ma con la possibilità di svincolarsi per cogliere alcune delle molte possibilità che si offrono in questa fase.

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