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Lavoro: Parlamento si muove, Sel vuole commissione su caporalato/Adnkronos

20 agosto 2015 | 15.41
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Lavoro: Parlamento si muove, Sel vuole commissione su caporalato/Adnkronos

Cinque morti accertati in un mese. Sono i 'nuovi schiavi'. Donne e uomini che lavorano nei campi con turni massacranti di 12-14 ore sotto un caldo assassino, curvi sulle piante di pomodori, carichi di cassette di frutta o di ortaggi che - quando va bene - alla fine della giornata portano a casa 30 euro. Nomi africani o slavi ma anche italiani, vite sfruttate dal caporalato contro cui è sceso in campo anche il ministro Maurizio Martina. "Il caporalato in agricoltura - ha detto - è un fenomeno da combattere come la mafia".

Un cancro radicato, tenace da estirpare, ma anche in continua evoluzione e sul quale - come pensa il senatore pugliese di Sel Dario Stefano - il Parlamento avrebbe l'obbligo di indagare, costituendo una commissione di inchiesta. Proposta che non trova sponde, per il momento, nel Pd.

"E' preoccupante - premette l'esponente di Sel con l'Adnkronos - che il ministro Martina abbia atteso tanto prima di prendere una posizione. Il settore agricolo e l'agroalimentare italiano deve brillare nella vetrina dell'Expo, non esporre il lutto per le morti nei campi. Ho proposto una commissione parlamentare di inchiesta per indagare senza filtri sul caporalato, un fenomeno che, nel corso del tempo, ha avuto una sorta di mutazione genetica, più difficile da identificare e da reprimere".

Damiano, leggi ci sono, migliorare controlli

"Il Parlamento - continua Stefano - può fare molto, adeguando leggi che ormai non sono in grado di arginare un fenomeno che si è esteso oltre i tradizionali settori produttivi, come agricoltura e edilizia sui quali è proliferato. Sono sicuro che la stragrande maggioranza delle nostre aziende agricole è sana e si comporta legalmente, ma non tutte".

"Si fatica a credere che i braccianti possano essere pagati 2-3 euro l'ora per fare un lavoro massacrante in condizioni climatiche proibitive. L'agricoltura italiana è un settore produttivo d'eccellenza ma la qualità del prodotto non può prescindere dalla qualità del lavoro", avverte.

E se sul contrasto al fenomeno del caporalato, Martina promette un'iniziativa di legge alla ripresa dopo la pausa estiva, sulla commissione di inchiesta i dem non sono d'accordo."Di commissioni di inchiesta - ricorda il presidente della commissione Lavoro alla Camera Cesare Damiano- sul tema della sicurezza sul lavoro e sullo sfruttamento della manodopera ne sono state fatte diverse. Il punto è che negli ultimi anni, in special modo con i governi del centro destra, c'è stato un allentamento dei controlli e della prevenzione".

Sani (Pd), indagine c'è stata dopo i fatti di Rosarno

"L'agricoltura non sfugge a questa logica - rileva ancora Damiano - essendo un terreno sul quale, accanto a imprese e imprenditori onesti, ci sono persone che il lavoro lo sfruttano e lo pagano molto meno di quel che dovrebbero".

"Le leggi ci sono, penso che occorrerebbe se mai rafforzare i servizi ispettivi, unificare le competenze tra i vari istituti che svolgono i controlli e semplificare certe procedure, anche a livello locale, per renderli più accessibili. Insomma - conclude il presidente della commissione Lavoro - meno gente dietro la scrivania e più personale nella trincea dei controlli".

"Già nella scorsa legislatura - sottolinea invece il presidente della commissione Agricoltura a Montecitorio, Andrea Sani - la commissione Agricoltura della Camera, alla luce dei fatti di Rosarno, aveva avviato un'indagine conoscitiva sullo sfruttamento del lavoro nei campi e nelle aziende. Credo quindi che il fenomeno del caporalato sia stato indagato a sufficienza e lo si conosca abbastanza bene".

Bernini (M5S), fermare neo schiavismo con più controlli e prevenzione

"Quanto alle norme è bene ricordare che nel Decreto Competitività 2014 era stata inserita una norma sul lavoro sicuro in agricoltura che stabilisce una certificazione non solo sulla qualità del prodotto ma allo stesso tempo sulla qualità del lavoro che c'è dietro quel prodotto. Io non discuto sulla conoscenza e sulla serietà del senatore Stefano, che è un parlamentare molto presente sul territorio e che quindi conosce la realtà pugliese molto bene, ma io penso che le leggi ci siano - conclude Sani - e che, se mai, si dovrebbe fare uno sforzo per applicarle, rafforzando i controlli e i sistemi ispettivi. Lo Stato ha gli strumenti per intervenire".

"Da mesi e isolati - dichiara Massimiliano Bernini, componente Cinquestelle della commissione Agricoltura - cercando di perforare il coro di consensi che circonda l'Expo, abbiamo denunciato l'esplosione del caporalato e l'espansione del lavoro a cottimo. Riguardo alla commissione, non sono pregiudizialmente contrario, se lo si ritenesse utile la si potrebbe anche fare".

"Ma le commissioni di inchiesta vanno avanti per mesi e sono degli strumenti molto farraginosi e lenti. Qui invece abbiamo bisogno di reagire in fretta, di trovare delle soluzioni immediate che mettano fine alle morti dovute a questa forma di neo schiavismo. Le leggi sul lavoro ci sono ma come sempre è i controlli che sono insufficienti per la carenza del personale e la mancanza di fondi o per la disorganizzazione della amministrazioni. E' un'emergenza sociale, cominciamo con il rafforzare la prevenzione".

A settembre prima interpellanza Camera è su caporalato

Che si faccia o no la commissione, il caporalato sarà il tema del primo atto ispettivo a cui il governo è chiamato a rispondere l'8 settembre alla riapertura dei lavori d'aula alla Camera. Il deputato di Sel Gianni Melilla ha rivolto un'interpellanza ai ministri del Lavoro e dell'Economia su una realtà circoscritta ma emblematica, in provincia de L'Aquila.

Gli "invisibili", scrive il deputato di Sel, ovvero i braccianti del Fucino "guadagnano 2,5 euro l'ora e lavorano tra le 12 e le 14 ore al giorno. Nessuno versa loro i contributi e non hanno alcun diritto riconosciuto". Secondo Melilla sono oltre 2 mila le aziende agricole del territorio che impiegano circa 9.500 braccianti.

"Ci sono 400 mila persone in tutta Italia - avverte però Melilla - che vivono in questa situazione. Centomila dei quali rischiano la schiavitù: i braccianti sono costretti ad accettare il volere del caporalato senza poter dire una parola perché hanno bisogno di quei soldi".

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