I Piani Individuali di Risparmio, dalla loro introduzione con la Legge di Stabilità 2017, sono stati capaci di attirare gli interessi e i capitali degli investitori. Tuttavia, alcune novità in arrivo sul fronte della normativa, dall’inizio dell’anno in corso hanno causato un arresto della raccolta e un blocco nell’emissione di nuovi Pir, in attesa dell’entrata in vigore delle nuove norme che ne cambieranno la composizione, la cui data è ancora incerta.
I Pir, una volta capaci di veicolare gli investimenti sul medio lungo periodo compiuti dalle famiglie italiane, grazie ad incentivi fiscali legati al mantenimento della posizione per almeno cinque anni, e al contempo indirizzare i capitali verso le PMI italiane, cuore pulsante dell’economia nostrana, stanno perdendo appeal.
Le -novita sui pir in arrivo, stimano gli esperti, hanno causato un deflusso netto di 10 milioni di euro nel primo bimestre 2019, mentre la raccolta era arrivata a toccare oltre 15 miliardi di euro nel biennio 2017-2019.
I cambiamenti alla normativa già attiva - che prevede una composizione dei Pir per almeno il 70% dedicata ad azioni o obbligazioni emesse da aziende italiane (o inserite stabilmente in territorio italiano), di cui il 30% emesse da PMI italiane - sono stati introdotti dalla Legge di Bilancio 2019. Introducono dei paletti per cui il patrimonio di ciascun PIR debba essere costituito da investimenti per almeno il 3,5% in fondi di venture capitale e per almeno il 3,5% in titoli azionari di PMI italiane quotate, presumibilmente, all’interno dell’AIM Italia.
Le difficoltà sottolineate dagli operatori riguardano la scarsità di piccole e medie imprese rispondenti a tali requisiti e la nota illiquidità del settore del venture capital.