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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

19 gennaio 2016 | 10.06
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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

"Politiche più espansive quando l’economia riprende a crescere comportano il rischio di dover poi approntare correzioni di senso opposto nel peggior momento, come si è visto in passato, ossia quando l’economia rallenta. Oltre ad accentuare l’evoluzione del ciclo economico, in particolare in fase recessiva, tali politiche possono pregiudicare la sostenibilità del debito pubblico". Così, in un intervento su 'Il Corriere della Sera', l'economista Lorenzo Bini Smaghi.

Secondo Bini Smaghi "per fare in modo che l’austerità sia veramente finita, e non riappaia quando meno te l’aspetti tra qualche tempo - 'imposta' non dall’Europa ma semmai dai mercati finanziari - è bene ora non eccedere in senso opposto".

"Gli screzi degli ultimi tempi tra Roma e Berlino, e poi tra Roma e Bruxelles, sono episodi superficiali, che passeranno in fretta. Non devono distogliere l’attenzione dal vero problema, che è la nuova frattura tra Est e Ovest sui rifugiati, quando stavamo appena superando quella tra Nord e Sud sull’economia. Comincia a essere troppo". Così, intervistato dal 'Corriere della Sera', Javier Solana, uno dei padri di questa Europa, ex ministro degli Esteri, segretario della Nato e Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue.

Per Solana "le liti di queste settimane sono i postumi di una crisi economica che fatica a passare. Ma voglio essere ottimista. Diciamo che discutere può fare bene".

"La presidenza del Consiglio coordina tutte le politiche europee guardando alla sostanza, poi diversi ministeri dialogano con i vari commissari competenti". Così Sandro Gozi, sottosegretario agli Affari europei, risponde, intervistato da 'La Repubblica', alle bordate di Bruxelles sull'assenza di un interlocutore a Roma.

"E' certamente -continua- una situazione inusuale, ci sembra che qualcuno non resista alla tentazione di personalizzare ma noi non abbiamo tempo per questo genere di polemiche. Il problema è politico e noi ci battiamo per cambiare le politiche dell' Unione. Mai come ora il governo dà priorità alle politiche Ue. Ma siamo sempre più attenti -conclude- alle priorità nazionali nel momento in cui vengono concepite a Bruxelles".

"Ripartire dalle infrastrutture, perché saranno loro a spingere la crescita del Lazio nel 2016". Maurizio Stirpe, presidente di Unindustria, intervistato da 'La Repubblica', ne è certo.

Per Stirpe le opere sono "almeno tre: la costruzione del nuovo terminal container nel porto di Civitavecchia, un investimento da 500 milioni di euro finanziato dall' Unione europea e capace di generare 1.000 posti di lavoro; l' allargamento dello scalo di Fiumicino, per il quale è stato già deliberato un aumento delle tariffe aeroportuali che servirà come sostegno finanziario alla realizzazione dell' opera; e in ultimo la realizzazione della Roma- Latina".

"Ora occorre innanzitutto guardare non solo indietro, ma anche avanti, per costruire un avvenire meno problematico per il quale ci sono tutte le premesse. Infatti, le misure ulteriormente prudenziali assunte proprio nell’ultimo biennio dalle autorità di vigilanza, hanno fortemente ulteriormente innalzato tutte le soglie minime innanzitutto di capitale delle banche, rendendo assai più complesso e improbabile il ripetersi di crisi bancarie". Così, in un intervento su 'Il Messaggero', Antonio Patuelli, presidente dell'Abi, l'Associazione bancaria italiana.

"Tutto ciò deve far riflettere con cervello e sangue freddo, facendo fronte, nelle forme nelle quali lo Stato sta decidendo, agli interessi legittimi di chi ha subìto danni nelle quattro banche, ma guardando anche con più fiducia -conclude- verso il mondo bancario italiano che è più solido di quanto taluni “luoghi comuni” fanno spesso banalmente ritenere".

"Ancora oggi il Vicepresidente di Federalimentare, Colavita, torna a parlare di 'abbandono' del tavolo per motivi – a suo dire – ancora incomprensibili. Aiutiamolo a capire: non si è trattato di abbandono del tavolo ma di una rottura delle trattative. Decisione assunta unitariamente da Fai, Flai e Uila poiché fino a quel momento non avevano riscontrato capisaldi sui quali proseguire la costruzione del negoziato". Così, in un intervento su 'L'Unità', la segretaria generale della Flai Cgil, Stefania Crogi.

"Vogliamo rinnovare -insiste Crogi- un contratto nazionale in linea con la storia negoziale di questo settore, che valorizzi le relazioni sindacali che da decenni si sono consolidate; vogliamo che tutti i lavoratori di un medesimo sito produttivo abbiano stessi diritti e stesse tutele, a cominciare dalla sicurezza. Vogliamo piena esigibilità ed estensione della contrattazione di secondo livello, che ci riuscirebbe difficile immaginare ad 'invarianza di costi aziendali', come Federalimentare pretenderebbe".

"Vogliamo contrattualizzare -insiste Crogi- alcune parti del Job Act, che – prescindendo dalla valutazioni di merito sulle normative di legge – non capiamo bene come si possano coniugare, per alcuni aspetti, con i processi di riorganizzazione aziendale. Ed infine, ma voglio dire soprattutto, vogliamo -conclude- che il contratto nazionale rimanga autorità salariale".

"Le tre confederazioni tornano unite nella costruzione di una unica ed articolata revisione dei modelli contrattuali, delineando la disponibilità, in particolare della Cisl, ad accogliere un intervento legislativo che, applicando il dettato costituzionale dell’art. 39, chiude la querelle pluridecennale sull’efficacia dei contratti collettivi nazionali per tutti i lavoratori dei diversi settori, superando l’incertezza giuridica che spesso viene imputata al nostro Paese quando si tratta di convincere gli investitori stranieri a venire a casa nostra". Così, in un intervento su 'L'Unità', il segretario confederale della Cisl, Gigi Petteni, sulla proposta di riforma contrattuale presentata dai sindacati.

"I 'padri fondatori' della Cisl guarderanno con circospezione questa nostra disponibilità che segnala una inversione di posizione storica, ma sapranno certamente rivolgere uno sguardo al complesso delle cose e quindi non fermarsi all’apparenza".

"Non sono ridicole, le preoccupazioni di chi vede il rischio di una nuova crisi come nel 2008. Non dico che sia dietro l’angolo, ma il pericolo esiste". Così, intervistato da 'La Stampa', il premio Nobel per l’economia Michael Spence.

Per Spence oggi servirebbe "stimolare la domanda in maniera diversa, e fare davvero le riforme strutturali che la Bce ha sempre sollecitato. A partire dall’Italia, dove su lavoro, fisco, impiego pubblico, ci sarebbe ancora tanto da fare".

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