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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

04 marzo 2014 | 11.22
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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

Roma, 4 mar. (Labitalia) - Alfredo D' Attorre (Pd) risponde al 'Corriere della Sera' a chi rideva delle accuse di incostituzionalità rivolte da Forza Italia contro il suo emendamento. Emendamento che prevede una nuova legge elettorale valida soltanto per la Camera: "È una barzelletta. Proprio loro che sono i principali artefici del Porcellum. E poi già nella cosiddetta Prima Repubblica c' erano sistemi diversi per le due Camere. Oltre al fatto che non è su questo tema che la Consulta ha censurato". Il punto, per D' Attorre, è piuttosto che Forza Italia "continua a dire no a tutto" e questo "fa nascere sospetti sulla loro reale volontà di riformare il Senato. L'idea che viene fuori è che vogliano un sistema di voto a loro favorevole, per poi staccare la spina e tornare alle urne senza alcuna abolizione del bicameralismo perfetto".

"Ultimamente a Roma si coglie un aspetto molto inquietante. Un crescente clima mafioso, dove sembra che la cosa più importante sia avere l' amico giusto al posto giusto. E questo è molto grave". Lo ha detto ieri mattina Alfio Marchini, imprenditore e consigliere capitolino a Mix24, intervistato da Giovanni Minoli su Radio 24. L'intervista è riportata dal 'Messaggero'. Marchini è intervenuto a lungo, parlando della drammatica situazione economica del Campidoglio e lanciando accuse molto gravi: "Oggi qualsiasi dirigente con potere di spesa può impegnare il Comune per servizi che poi comunque devono essere pagati e sono ratificati ex post. Di fatto Roma ha una contabilità fuori bilancio che incide pesantemente sui conti, quindi anche sulle tasse che i cittadini devono poi pagare. Il bilancio lo abbiamo duramente contestato- continua Marchini- è stata fatta una forzatura per evitare che noi facessimo ostruzionismo, ed è bene che si sappia che la nostra opposizione sul bilancio 2014, che dovrà ripianare un deficit di 600 milioni di euro, sarà ancora più dura".

"C' è una grande volontà di modernizzarsi, di creare occupazione ad alto valore aggiunto, di cambiare il loro modello di crescita, espandendosi in settori diversi dal petrolio". Riccardo Monti, presidente dell' Agenzia Ice per la promozione all' estero e l' internazionalizzazione delle imprese italiane, parla dall'Arabia Saudita. Un' area che conosce bene, dalle grandi potenzialità: hanno soldi, hanno bisogno di sviluppare industria e tecnologia, è in fase avanzata il processo di integrazione del Golfo Persico, con la volontà di creare un' area di libero scambio, un' unione doganale, fino ad arrivare anche ad una moneta unica. "Finanza, merci e persone. Realizzare un' area di libero scambio, il primo step, darà una spinta notevole alla crescita di questo grande mercato", continua Monti. "Dobbiamo crederci e venire qui ad investire. L' Arabia Saudita si muove lentamente, ma nella direzione giusta. È un' economia grande 8 volte quella degli Emirati Arabi, bisogna approfondirla nella sua complessità e nel suo potenziale inespresso".

Disposti a rinunciare agli incentivi alle imprese in cambio di una riduzione dell' Irap? "Assolutamente sì", risponde a La Repubblica Aurelio Regina, vicepresidente della Confindustria, presidente e azionista di "Sigaro Toscano". "Purché - aggiunge - si faccia chiarezza sull' entità reale degli incentivi che è molto lontana dalle cifre di cui si favoleggia". L' economista Giavazzi, incaricato dal governo Monti di fare l' inventario, ha individuato 10 miliardi di incentivi. È una cifra che fa chiarezza? "No. I veri incentivi sono intorno ai 3-4 miliardi di euro. Si arriva a dieci considerando anche quanto è destinato al trasporto pubblico locale e al contratto di servizio delle ferrovie, ma questi fondi sono destinati a favorire gli obiettivi di mobilità sostenibile nell' interesse dell' intera collettività". Dunque per le imprese andrebbe bene una riduzione dell' Irap di 3-4 miliardi? "Il presidente Renzi dice di avere a disposizione un pacchetto intorno ai 10 miliardi e che deve decidere come orientarli. Bene, noi pensiamo che 7,5 miliardi dovrebbero andare a ridurre il costo del lavoro, tra l' altro eliminandolo dalla base imponibile dell' Irap. E i restanti 2,5 miliardi destinarli al taglio dell' Irpef per le fasce di lavoratori a reddito più basso".

"Il Jobs Act di Renzi è una buona idea. Ed è anche migliorabile". È il giudizio di Enrico Moretti, economista italiano che insegna a Berkeley, con 'La Repubblica'. Che cosa le piace del Jobs Act? "Nel breve periodo interviene sull' eccessiva polarizzazione del mercato del lavoro italiano, che divide i dipendenti permanenti da quelli (per lo più giovani) che hanno miriadi di contratti atipici, a tempo determinato. In Italia il datore di lavoro non ha incentivi che lo spingano a investire nei giovani, gli conviene disfarsene quando scade il contratto determinato e assumerne altri. Rendendo più flessibile la parte del lavoro dipendente a tempo indeterminato si riduce il gap e si va verso quel contratto unico di lavoro che è la proposta Boeri-Garibaldi. È giusto, è un passo avanti. Meglio ancora sarebbe andare fino in fondo: con un sistema davvero unico, in cui la flessibilità sia per tutti, ma con una buonuscita crescente nel tempo come costo per i licenziamenti".

"Il gran parlare intorno all' ipotesi di «JobsAct» di Matteo Renzi continua a produrre i suoi effetti. Anche in mancanza di una qualche bozza di testo normativo sul quale confrontarsi. Così ora prendono la parola i sindacati. E si scoprono delle novità, insieme con i soliti riflessi condizionati. Meglio andare per ordine.". Lo scrive sul Manifesto, Giuseppe Allegri. "La Cgil accetta il piano delle dichiarazioni del Presidente del Consiglio e si lancia nella proposta di una «vera riforma degli ammortizzatori sociali», che sia a carattere «inclusivo e universale» e si fondi su due soli istituti. Da una parte la tutela dalla disoccupazione. Dall' altro la tutela nel caso di sospensione di attività e ore lavorate. Tutti e due gli strumenti devono essere poi ricollegati alle politiche attive, «di modo che il fine ultimo del sostegno al reddito sia sempre l' inclusione sociale e l' inserimento lavorativo». Il sistema dovrebbe funzionare in modo che «se tutti i lavoratori e tutte le imprese contribuiscono al sistema universale di ammortizzatori, si può estendere il sostegno al reddito anche ai precari, includendo tutte le tipologie contrattuali subordinate e parasubordinate». È un meccanismo assicurativo, insomma".

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