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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

07 febbraio 2018 | 10.32
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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

Purtroppo in Italia "il canale privilegiato per cercare e per trovare lavoro è la rete di conoscenze di parenti e amici. Negli altri Paesi il sistema pubblico di collocamento è invece molto più attivo, utilizzato ed efficace" . Lo scrive Carlo dell'Aringa, economista, su Avvenire. "I motivi di questa arretratezza sono diversi e alcuni di questi sono stati toccati nell'articolo citato. Vorrei ricordarne altri due che sono, secondo me, decisivi. Essi fanno riferimento, primo, alle risorse dedicate al servizio pubblico e, secondo, alla 'governance' di questo stesso servizio. Primo: le risorse. Per i servizi per il lavoro che vengono svolti dai nostri Servizi per l' impiego (Spi), l' Italia spende annualmente circa 500 milioni di euro, a fronte dei 9 miliardi spesi dalla Germania e dei 5 miliardi spesi dalla Francia; il rapporto tra il numero dei disoccupati e il numero di addetti ai Centri per l' impiego (Cpi) è di oltre 300 unità nel nostro Paese (un addetto per 300 disoccupati) mentre è di 21 in Germania, di 57 in Francia e di 32 nel Regno Unito. Bastano queste scarne cifre per chiarire che quando si parla di politiche del lavoro in Italia, vale il detto 'non si fanno le nozze coi fichi secchi'".

"Che cosa sta succedendo? La settimana scorsa abbiamo visto un riaggiustamento delle aspettative sui tassi Usa legato a un cambiamento delle aspettative sull' inflazione. E sia la parte a breve che quella lunga della curva si è allargata. Quando il rendimento del Treasury decennale americano è arrivato a sfiorare il 3%, gli investitori hanno cominciato a preoccuparsi e a rivedere alcune strategie" sostiene con Il Corriere della Sera Alberto Gallo, a capo delle macro strategie e portfolio manager dell' hedge fund Algebris.

"Caro direttore, è sorprendente che finora la campagna elettorale in Italia non abbia posto l' accento sulla ricerca scientifica, considerata evidentemente da tutti i partiti come un argomento trascurabile. Eppure investire in ricerca è una delle strade maestre per far ripartire l' economia e l' innovazione nel Paese. Lo ha capito molto bene il presidente francese Emmanuel Macron, che dal giorno del suo insediamento ha mostrato uno spiccato interesse verso la scienza, in particolare verso gli investimenti nei settori dell' intelligenza artificiale e delle misure contro il cambiamento climatico". Lo scrivono sul Corriere della Sera Nicola Bellomo e Maria Pia Abbacchio.

Carlo Sangalli presidente di Confcommercio dice al Corriere della Sera: "La ripresa nel 2017 c'è stata. Ma la spinta sembra essersi già affievolita: la prima parte di quest' anno potrebbe rivelare segnali di rallentamento dei consumi e della produzione". "Alle imprese del terziario di mercato, -spiega- in un momento di convalescenza dell' economia, in cui soprattutto le Pmi avevano bisogno di tornare a crescere e investire, è mancato il sostegno necessario. È necessario che il prossimo governo, quale che sia, fornisca due certezze: eliminare le clausole di salvaguardia per il 2019, quindi non aumentare l' Iva, e proseguire nella riduzione della pressione fiscale, che sia il taglio del cuneo o la riduzione delle aliquote, non sta certo a noi deciderlo".

"L' allargamento della Ue ai Balcani occidentali è una grande opportunità, anche per le imprese italiane. E va gestita con regole chiare perché non diventi un problema". Mauro Maria Angelini, presidente di Confindustria Est Europa, lo dice al Sole 24 Ore. Ha conosciuto da vicino le difficoltà di Paesi come Romania e Bulgaria "che ancora non riescono a far parte di Schengen", e di fronte alla strategia della Commissione di Bruxelles dice: "Servono gli ideali, dobbiamo alimentare la spinta ideale a proseguire la costruzione dell'Unione europea".

Pasquale Tridico e Walter Paternesi Meloni, i due economisti che hanno elaborato l' idea di usare un trucco contabile per trovare le risorse della misura proposta dai Cinque Stelle rispondono alle obiezioni dalle pagine del Fatto Quotidiano. "Il punto di partenza della nostra analisi -spiegano- è l' ampiezza dell' output gap: è la differenza tra il Pil effettivo e quello potenziale, dove "potenziale indica il livello massimodi produzione realizzabile con il pieno utilizzo delle risorse produttive (principalmente, il pieno impiego della forza lavoro) in un contesto di inflazione stabile. Questa forbice, considerata penalizzante per l' Italia anche dal ministro dell' Economia Pier Carlo Padoan, risulta cruciale per la politica fiscale: più ampio è l' output gap, maggiore è lo "spazio" per attuare politiche espansive. Rivedendo al rialzo la stima del Pil potenziale ci sarebbero le coperture, almeno dal punto di vista statistico, per fare un deficit maggiore".

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