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Regeni, gup accoglie richiesta procura di Roma: atti alla Consulta

31 maggio 2023 | 12.15
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I genitori di Giulio: "Da oggi c'è una speranza in più"

Regeni, gup accoglie richiesta procura di Roma: atti alla Consulta

Il gup di Roma, sul caso di Giulio Regeni, ha accolto la richiesta del procuratore capo Francesco Lo Voi e dell’aggiunto Sergio Colaiocco, inviando gli atti alla Consulta. Una richiesta finalizzata a sbloccare lo stallo in cui si trova il processo per la vicenda del ricercatore italiano sequestrato, torturato e ucciso in Egitto nel 2016. Imputati sono quattro 007 egiziani: il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi e Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, accusati a vario titolo di sequestro di persona pluriaggravato, lesioni aggravate e concorso in omicidio aggravato.

La procura di Roma aveva sollevato la questione di costituzionalità dell'articolo 420 bis nella parte in cui prevede che l’assenza di conoscenza del processo da parte dell'imputato derivi dalla mancata attivazione della cooperazione dello Stato estero. Ora la questione passa in mano alla Corte Costituzionale.

IL GUP DI ROMA

Scrive il gup di Roma Roberto Ranazzi nell'ordinanza: ''Di fatto lo Stato egiziano rifiutando di cooperare con le Autorità italiane, sottrae i propri funzionari alla giurisdizione del giudice italiano, creando una situazione di immunità non riconosciuta da alcuna norma dell'ordinamento internazionale, peraltro con riguardo a delitti che violano i diritti fondamentali dell'uomo universalmente riconosciuti. Tale situazione di immunità determina una inammissibile 'zona franca' di impunità per i cittadini-funzionari egiziani nei confronti dei cittadini italiani che abbiano subito in quel Paese dei delitti per i quali è riconosciuta la giurisdizione del giudice italiano in base alle convenzioni internazionali".

"La scelta delle Autorità egiziane di sottrarre i propri cittadini alla giurisdizione italiana per l'accertamento delle responsabilità in ordine a delitti che ledono i diritti inviolabili dell'uomo, è una scelta anti-democratica, autoritaria - sottolinea il giudice - che di fatto crea in Italia, Paese che si ispira ai principi democratici e di eguaglianza, una disparità di trattamento rispetto ai cittadini italiani e ai cittadini stranieri di altri Paesi, che in casi analoghi verrebbero processati".

''La vicenda del 'processo Regeni' ha mobilitato pressoché tutte le forze politiche e sociali del nostro Paese e non vi è partito politico o associazione umanitaria, che non si sia espressa nel senso che questo processo 'deve' essere celebrato. Perché ripugna al senso comune di giustizia, che un fatto così grave non possa essere oggetto di un processo", scrive il gup di Roma. "Non vi è processo più 'ingiusto' di quello che non si può instaurare per volontà di un'Autorità di governo", sottolinea il giudice.

"Va sottolineato che gli elementi di fatto emersi nel corso delle indagini e dell'udienza preliminare, fanno presumere con ragionevole certezza che i quattro imputati siano a conoscenza del procedimento penale in corso in Italia nei loro confronti. Tale consapevolezza, presunta, non consente tuttavia di procedere in assenza nei loro confronti", scrive il gup di Roma nell'ordinanza con cui ha inviato gli atti alla Corte Costituzionale.

"Sotto questo profilo, appare irragionevole e sproporzionata la impossibilità di procedere in assenza quando manchi la cooperazione dello Stato estero di appartenenza o di residenza, perché - sottolinea il gup di Roma - mentre agli imputati è sufficiente sapere che vi è un procedimento a loro carico in Italia per l'omicidio di Giulio Regeni per sottrarsi al processo, al gup si chiede invece di provare la consapevolezza e volontà di sottrarsi non già al procedimento, ma al processo e cioè dimostrare che gli imputati, che si sottraggono al procedimento penale, conoscano anche i capi di imputazione e la vocatio in iudicium".

"Secondo l'articolo 9 della Convenzione sulla tortura, 'gli Stati Parte si accordano l'assistenza giudiziaria più vasta possibile in qualsiasi procedimento penale relativo ai reati di cui all'articolo 4, compresa la comunicazione di tutti gli elementi di prova disponibili e necessari ai fini del procedimento'. Tale ultima disposizione della Convenzione non solo è stata ignorata dalle Autorità di Governo e dalle Autorità giudiziarie egiziane, ma è stata 'osteggiata' in modo palese", scrive il giudice. "La violazione della Convenzione internazionale sulla tortura da parte dello Stato egiziano (che ha ratificato il trattato), impedisce allo Stato italiano, a sua volta, di osservare la medesima Convenzione, e cioè di processare i presunti autori del delitto di tortura commesso nei confronti di Giulio Regeni".

IL PROCURATORE DI ROMA

"Nella nostra impostazione questa era l'unica possibilità, nel caso in cui la Corte Costituzionale dovesse accogliere la questione che è stata sollevata, per poter celebrare il processo, salvo ipotizzare delle modifiche legislative di cui per la verità al momento non si vede alcuna proposta - ha detto il procuratore di Roma Francesco Lo Voi al termine dell'udienza preliminare sul caso Regeni in cui il gup ha accolto la richiesta della Procura inviando gli atti alla Consulta - Abbiamo un'ulteriore strada da percorrere rispetto a quelle percorse finora e che purtroppo non hanno portato ad alcun risultato utile perché la situazione di impantanamento è tale che non si riusciva a venirne fuori".

"Abbiamo ritenuto di far valere il profilo di incostituzionalità con riferimento all'avvenuta costituzionalizzazione di principi che derivano da numerose convenzioni internazionali che tutte impongono la cooperazione giudiziaria e l'assistenza giudiziaria fra gli Stati, inclusa in particolare quella sulla tortura che è stata ratificata anche dall'Egitto - ha aggiunto Lo Voi - Abbiamo ritenuto che fosse opportuno portare all'esame della Corte Costituzionale questa questione. Vedremo cosa deciderà la Corte e ci regoleremo di conseguenza".

I GENITORI DI GIULIO

''C'è una speranza in più e speriamo sia la volta definitiva e che venga sancito che questo processo si può e si deve fare - ha detto Alessandra Ballerini, legale della famiglia Regeni, al termine dell'udienza preliminare - Visto che noi diciamo sempre che Giulio 'fa cose', ci auguriamo che Giulio possa intervenire anche in una riforma legislativa che consenta di non lasciare impuniti i reati di questa gravità quando gli Stati non collaborano".

"Ci auguriamo che il 'popolo giallo' e la 'scorta mediatica' stiano con noi con le antenne dritte", ha affermato. L'avvocato ha poi aggiunto che in passato hanno presentato una denuncia per intralcio alla giustizia perché "le nostre telefonate erano palesemente ascoltate".

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