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Sofia e Ginevra, 'bimbe piuma' salvate a Milano

16 novembre 2018 | 18.32
LETTURA: 7 minuti

Papà Francesco, mamma Mirella e le due gemelline Ginevra e Sofia con Stefano Martinelli, Direttore della Terapia intensiva neonatale dell'ospedale Niguarda di Milano - (foto Asst Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano)
Papà Francesco, mamma Mirella e le due gemelline Ginevra e Sofia con Stefano Martinelli, Direttore della Terapia intensiva neonatale dell'ospedale Niguarda di Milano - (foto Asst Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano)

Il 31 novembre Sofia e Ginevra compiranno 10 mesi. I primi 4 li hanno passati in ospedale, accudite dallo staff di Terapia intensiva neonatale del Niguarda di Milano dove il 31 gennaio scorso le due gemelline sono venute alla luce dopo sole 23 settimane di gestazione: 'bimbe piuma', peso alla nascita 490 grammi. "Erano poco più grandi di un uovo di Pasqua, di quelli che stanno completamente nel palmo di una mano", ricorda il loro papà Francesco, che con mamma Mirella racconta una storia a lieto fine alla vigilia della Giornata mondiale del prematuro che si celebra domani 17 novembre. Un messaggio di speranza per i genitori che si trovano a vivere lo stesso dramma, e insieme un grazie a quelli che a 5 mesi dalle dimissioni chiamano ancora "angeli del reparto".

Come Sofia e Ginevra oggi nasce pretermine un bambino su 10, creature spesso così minute da entrare tutte dentro una mano. Di norma una gravidanza dura 37 settimane, ma non per Mirella: "Non ho quasi avuto il tempo di rendermi conto di essere incinta, né di comprarmi un vestito premaman - spiega - Tutto è iniziato alla ventesima settimana, quando sono venuta in ospedale per sottopormi alla morfologica. Sapevamo già che si trattava di un parto gemellare e ci avevano detto che in questi casi bisognava tenere sotto controllo il collo dell'utero. Ma fatto l'esame qualcosa non andava, c'era bisogno di un intervento di cerchiaggio altrimenti il parto sarebbe avvenuto da lì a poco".

I ginecologi di Niguarda tentano con la procedura, ma dopo una settimana il nuovo assetto non tiene. Si cerca di replicare l'intervento, ma niente da fare: a causa di una conformazione anomala dell'utero, l'unica alternativa diventa il parto. Sofia e Ginevra nascono per via naturale a un minuto di distanza l'una dall'altra, la prima alle 4.05 del mattino e la seconda alle 4.06. "Mi ricordo tutto di quegli istanti", dice Francesco. "Appena nate erano avvolte nel loro sacco. Si è aperto ed ecco che immediatamente i medici e gli infermieri hanno iniziato le manovre di rianimazione". Si corre sul filo dei secondi, Mirella non riesce neanche a dare uno sguardo alle sue bimbe che vengono sistemate subito nell'incubatrice e portate in Tin.

"La prima volta che le ho viste è stato attraverso l'incubatrice ed è stato come sbattere la faccia contro il muro", confida Mirella. "Ti trovi catapultata in uno spazio che non conosci, che prima avevi visto solo nei telegiornali quando parlano di queste storie particolari: una sfilza di monitor con tutti quei parametri che dicono tutto e niente, una miriade di 'bip' e suoni che non sai come interpretare. E poi loro, le bimbe, ognuna dentro la sua incubatrice, attaccate a 10.000 fili e altrettanti cerotti, con flebo ovunque e tubicini per la respirazione e la nutrizione".

Mamma e papà sono spaventati. I colloqui con i medici non sono affatto rassicuranti però loro si fanno forza. "Abbiamo conosciuto lo staff medico e infermieristico del reparto diretto da Stefano Martinelli , a capo della Tin di Niguarda - proseguono i genitori - Il nostro primo contatto è stato con la dottoressa Laura Ilardi. Com'è giusto che sia in questi casi, i medici ci hanno preparato al peggio e ci hanno detto fin da subito quanto fosse dura la strada per Ginevra e Sofia".

"Non ci sono state false speranze e pacche sulle spalle", ricordano Francesco e Mirella. Solo preoccupazioni moltiplicate per due. "L'età gestazionale era ai limiti della sopravvivenza - afferma Martinelli - e il fatto che si trattasse di due gemelle rendeva ancora più complessa la situazione. C'è sempre da aspettarsi che le complicanze di una potrebbero verificarsi anche sulla sorella. Ci sono state scelte coraggiose da prendere e la presenza continua dei genitori in reparto è stata una risorsa preziosa per tutti, per le piccole e anche per noi dello staff".

Il percorso è duro, i 4 mesi di ricovero sembrano infiniti, scanditi dalla routine della Tin. "Arrivavamo alla mattina prestissimo - continua Mirella - Francesco andava a lavorare e io rimanevo accanto a Sofia e Ginevra per tutta la giornata, poi veniva a prendermi e ritornavamo a casa la sera. In reparto comunque si poteva stare 24 ore su 24. Abbiamo anche richiesto il supporto della psicologa a disposizione dei genitori, ci è stata di grande aiuto".

Passano i giorni e Sofia e Ginevra restano aggrappate alla vita. Dopo il primo mese i progressi si vedono, ma ancora non bastano per tirare un sospiro di sollievo. "Mi ricordo che stressavo il personale del reparto: posso andare a prenotare il passeggino? Tutti mi dicevano 'no Mirella, è ancora presto'". Però i passi avanti continuano, i fili e tubicini cominciano a diminuire e può iniziare l'allattamento. "Ogni tappa raggiunta è stata celebrata - sorridono i genitori - Abbiamo festeggiato il primo mezzo chilo di peso, il primo mese, il primo chilo. E poi il passaggio dalla Terapia intensiva alla Sub-intensiva. Ogni traguardo raggiunto era una festa con il personale a base di prodotti siciliani: arancini e dolci tipici spediti dalla famiglia d'origine di Mirella. Era il minimo che potessimo fare per ringraziarli".

Poi finalmente arriva il giorno: dopo 2 mesi e mezzo in ospedale, i medici dicono sì all'acquisto del passeggino e si accende la luce in fondo al tunnel. Mirella se lo ricorda bene. "Ero felicissima, mi hanno detto 'vai a scegliere il modello più bello che c'è'" e lei lo fatto. Ora Sofia e Ginevra sono a casa con mamma e papà, ma il legame che li unisce al Niguarda resta saldo come un cordone ombelicale: "Torniamo spesso per visite e controlli e ogni volta passiamo a salutare in reparto - concludono - Per noi è un po' come una seconda casa. Insieme ai medici e agli infermieri siamo parte di una grande famiglia allargata. Sono loro i nostri angeli".

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