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Tumori, una proteina alterata li fa crescere, bersaglio per nuove cure

04 marzo 2024 | 16.18
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Il gruppo di ricerca
Il gruppo di ricerca

Nuove speranze contro il cancro da uno studio Italia-Usa firmato dai ricercatori dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine della Temple University di Philadelphia, guidato da Antonio Giordano, e dell'Istituto nazionale tumori di Napoli Fondazione Pascale. Il lavoro, pubblicato sulla rivista 'Oncogene' (gruppo Nature) e coordinato da Luigi Alfano del Pascale, ha descritto un ruolo finora sconosciuto della proteina Cdk9 che il gruppo di Giordano ha scoperto nel 1994.

Nei malati di cancro l'espressione di Cdk9 è fortemente alterata e una sua particolare 'versione' (l'isoforma 55) favorisce la crescita del tumore. Eliminandola attraverso le forbici molecolari Crispr/Cas9, gli autori hanno dimostrato che l'assenza di Cdk9-55 impatta negativamente su un meccanismo, detto di ricombinazione omologa, che riparando i danni al Dna permette alle cellule del cancro di sopravvivere e proliferare. In altre parole l'assenza di Cdk9, mutata nei tumori, aumenta la sensibilità delle cellule cancerose ai trattamenti chemioterapici.

"Abbiamo già generato una nuova generazione di inibitori" di Cdk9 "che andranno a potenziare quelli già esistenti e che stanno dando grandi risultati in clinica", dichiara Giordano all'Adnkronos Salute.

Lo studio ha quindi evidenziato un nuovo ruolo di Cdk9 nella regolazione del riparo del Dna. "E' come se la proteina Cdk9", quando è 'sana', "sorvegli il genoma della cellula per evitare la comparsa di errori nella sequenza genica - spiega Alfano, autore corrispondente dell'articolo - Di conseguenza, la sua alterazione all'interno dei tumori può essere importante per aumentare il carico mutazionale che è alla base della trasformazione e progressione tumorale".

"Questa scoperta - commenta Giordano, responsabile del progetto di ricerca - ci permette di aggiungere un nuovo importante tassello alla comprensione di come le cellule scelgono i meccanismi di riparo favorendo la conservazione dell'informazione genetica e riducendo l'insorgenza di mutazioni predisponenti al cancro. Questo è un ottimo risultato, perché la descrizione del ruolo di Cdk9, gene scoperto da noi nel 1994, apre la strada alla generazione di nuovi inibitori farmacologici che potranno essere utilizzati sia in monoterapia che in combinazione con altri farmaci, già attualmente in uso, per potenziarne l'effetto antitumorale. Inoltre, questa scoperta apre la strada ad ulteriori studi per la valutazione di Cdk9 come possibile nuovo fattore predittivo della risposta a trattamenti farmacologici che agiscono sul riparo del Dna".

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