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Save the Children: "Chiuse le porte dei Balcani i profughi cercano altre rotte"

10 marzo 2016 | 15.45
LETTURA: 4 minuti

(Afp)
(Afp)

Chiuse le porte dei Balcani, i profughi cercano altre rotte affidandosi ai trafficanti. "Vie di fuga verso l'Albania e l'Italia per cui i migranti pagano anche migliaia di euro", spiega all'Adnkronos Filippo Ungaro di Save the Children. I profughi si ritrovano così a mettere le mani in tasca due volte, prima i soldi allo scafista poi al trafficante che offre quelle "rotte non ufficiali". Tutto per garantirsi un futuro dignitoso in Europa.

Ungaro, che da Atene sta raggiungendo la frontiera greco-macedone di Idomeni, parla di "una situazione umanitaria disastrosa, indegna di un continente come l'Europa". La pressione migratoria "sta aumentando anche ad Atene in seguito alla chiusura della rotta balcanica che impedisce il transito dei profughi in fuga - racconta Ungaro -. Non riuscendo a varcare le frontiere, i profughi tornano indietro, verso Atene: al momento ce ne sono 10.000. Moltissimi sono bambini. Solo al porto del Pireo tremila persone hanno passato la scorsa notte all'addiaccio. Il problema si presenta soprattutto per gli afghani, i primi ad essere respinti al confine".

Save the Children denuncia "una situazione molto preoccupante per i minori, i più vulnerabili. Al campo di Idomeni ci sono almeno 14.000 migranti, di cui circa 5.000 bambini. Molti di loro sono arrivati non accompagnati". Si tratta di ragazzini tra i 12 e i 13 anni. "La chiusura delle frontiere e la politica europea indifferente ai morti che si contano ogni giorno - aggiunge Ungaro - non fanno altro che aumentare il rischio per questi giovani, esposti al rischio dello sfruttamento e della prostituzione".

E intanto un altro bambino ha perso la vita durante l'ennesimo naufragio nell'Egeo. "È aberrante che la politica europea continui a giocare al rimando con la vita delle persone - commenta Valerio Neri, direttore generale di Save the Children - Qualche mese fa era il piccolo Aylan, oggi è toccato ad un bimbo di appena pochi mesi, che ha perso la vita mentre tutti noi ci siamo semplicemente voltati dall’altra parte di fronte alla tragedia che, insieme a tanti altri, stava vivendo".

Filippo Ungaro parla di rischi anche nei campi profughi. "A Idomeni, in questi giorni di pioggia ininterrotta, le tende si sono allagate, molti hanno dormito in mezzo al fango, e il rischio sanitario è molto elevato. Solo negli ultimi tre giorni, 70 bambini sono stati ricoverati al vicino ospedale di Kilkis a causa di infezioni respiratorie e gastroenterite".

Di fronte a tutto questo l'Europa non fa abbastanza. "È necessario un intervento coeso e di lungo termine. Accessi sicuri. Oltretutto - osserva Ungaro - il diritto internazionale prevede che le richieste di asilo vengano esaminate caso per caso evitando politiche di massa. Perché ciascuno si porta dietro nel suo viaggio le sue sofferenze se non addirittura le violenze subite nei Paesi in guerra. Ma non ci sembra di vedere una politica attenta ai bisogni e nel rispetto del diritto internazionale".

Gli sbarchi in Grecia sono senza fine. Nella sola isola di Chios ieri se ne sono registrati 28, per un totale di 1.300 persone. Tra gennaio e febbraio sono oltre 130.000 le persone che hanno intrapreso il viaggio verso l’Europa: 8.900 sono arrivate in Italia, più di 122.000 in Grecia. Un numero che si avvicina al totale di arrivi nei primi sei mesi del 2015 (147.209). Dall'inizio dell'anno risultano essere circa 450 le morti in mare.

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