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Lavoro, Renzi: ''No a scontri ideologici con chi vuole Pd al 25%'' /

20 settembre 2014 | 11.17
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Il premier, in una missiva agli iscritti, punta il dito contro la ''vecchia guardia'': ''Noi vogliamo difendere i diritti di chi non ha diritti''. Apertura della Cgil: ''Basta insulti, discutiamo'' L'attacco di Renzi: "Dove eravate in questi anni?" /Video. Camusso: "Il premier vuole il modello Thatcher". La Fiom anticipa manifestazione al 18 ottobre. Su jobs act Pd spaccato

Matteo Renzi (Flickr/Palazzo Chigi)
Matteo Renzi (Flickr/Palazzo Chigi)

Sul mercato del lavoro "chi oggi difende il sistema vigente difende un modello di diseguaglianze dove i diritti dipendono dalla provenienza o dall'età. Noi vogliamo difendere i diritti di chi non ha diritti. Quelli di cui nessuno si è occupato fino ad oggi". Lo scontro su lavoro e art. 18 non si placa. Dopo il video, arriva la lettera (LEGGI) del presidente del Consiglio Matteo Renzi, indirizzata agli iscritti del Pd. Ma questa volta nel mirino non c'è tanto il sindacato ma la ''vecchia guardia'' del partito, accusata di cogliere l'occasione dell'art. 18 per tornare ad uno ''scontro ideologico'' e ''magari riportare il Pd al 25%''.

"Ci hanno paragonato -afferma ancora il premier- ai leader della destra liberista anglosassone degli anni Ottanta. A me hanno insegnato che essere di sinistra significa combattere un'ingiustizia, non conservarla. Davanti a un problema c'è chi trova soluzioni provando a cambiare e chi organizza convegni lasciando le cose come sono. Anche nel nostro partito c'è chi vuole cogliere la palla al balzo per tornare agli scontri ideologici e magari riportare il Pd del 25%. Noi no''.

"Noi -insiste Renzi- siamo qui per cambiare l'Italia e non accetteremo mai di fare le foglie di fico alla vecchia guardia che a volte ritorna. O almeno ci prova. Il 29 settembre presenterò in direzione nazionale il Jobs Act. Dobbiamo attirare nuovi investimenti, perché senza nuovi investimenti non ci saranno posti di lavoro e aumenteranno i disoccupati. Ma dobbiamo anche cambiare un sistema ingiusto che divide i cittadini in persone di serie A e di serie B e umilia i precari".

Nella lettera il premier, oltre alla riforma del mercato del lavoro, si sofferma sui temi della scuola e del fisco. "Bloccare l'emorragia dei posti di lavoro e tornare a crescere, semplificare il fisco pagando meno (ma pagando tutti, finalmente!) e, prima di tutto, investire sull'educazione e sulla scuola: questa è la nostra sfida".

Quanto infine alla legge elettorale e alla riforma costituzionale "dovranno essere affrontate senza indugio dal Parlamento in queste settimane. Perché se la politica cambia se stessa e dà il buon esempio, poi, tutto è più semplice".

CGIL - Dopo lo scontro di venerdì, dalla Cgil arriva un invito a farla finiti con gli ''insulti'' e ad aprire un confronto. Il tutto con un doppio tweet. "Basta insulti al sindacato: guardiamoci negli occhi e discutiamone", recita il primo cinguettio. "Da sempre ci battiamo per estendere diritti e tutele. Renzi vuole fare lo stesso?", chiede un secondo tweet.

E poi ancora una serie di messaggi, un collage di tweet in cui si delinea la posizione del sindacato rispetto all'emendamento al testo del Jobs Act presentato dal governo in Senato, tutti 'targati' rigorosamente con l'hastag fattinonideologia. Così: "stesso lavoro, stessa retribuzione. No al demansionamento " mentre per quel che riguarda il contratto a tutele crescenti, la Cgil dice "sì, se si cancellano i tanti contratti che producono precarietà".

E se in generale, suggerisce ancora il sindacato via tweet, "la regola più semplice: garantire la dignità di chi lavora", a maggior ragione sull'articolo 18 ribadisce: "non vogliamo che chi lavora possa essere licenziato senza una ragione" perché "mandare tutti in serie B non è estendere i diritti e le tutele".

Ma il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio assicura: "Il superamento dei vecchi tabù non deve significare riduzione dei diritti. Non ridurremo alcun diritto. Sono convinto che il contratto a tutele crescenti sia una soluzione importante ed intelligente e che con l'assegno universale di disoccupazione si abbiano due misure che, da sole, saranno in grado di rendere l'Italia una Paese più capace di creare posti di lavoro e di proteggere coloro che lo perdono".

"Abbiamo avanzato - aggiunge - una proposta organica del lavoro. La legge delega ha trovato il consenso in commissione ed, auspicabilmente, lo troverà anche al Senato. Le polemiche potranno lasciare il posto a riflessioni più di merito invece che a battaglie ideologiche".

Il capogruppo al Senato del Nuovo Centrodestra nonché presidente della Commissione lavoro di Palazzo Madama, Maurizio Sacconi, avverte: "La legge delega sul lavoro è un progetto ambizioso ed organico. Il Nuovo Centrodestra non accetterà mai di tornare indietro e si fida del modo con cui il presidente del Consiglio segretario del Pd e il ministro del Lavoro iscritto al Pd eserciteranno la delega".

Interviene nel dibattito sull'articolo 18 anche la presidente della Camera Laura Boldrini che sottolinea: Io non sono qui a dare pagelle: posso dire, comunque, che mi auguro che da questo scontro, anche aspro si arrivi a una tutela effettiva dei lavoratori, sia dei più garantiti sia dei precari, soprattutto di quelle donne che per troppo tempo hanno dovuto scegliere tra maternità e lavoro"..

Intanto, Pippo Civati chiede che "sulla riforma del lavoro il Pd consulti subito circoli, iscritti ed elettori". "Il partito - afferma - si sta mobilitando a partire dalla sua base, il segretario ne prenda atto e accetti di promuovere una consultazione nazionale".

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